giovedì 22 dicembre 2005

IL MIO UNICO AMORE

Ora vi racconterò una storia. C'era una volta un ragazzo che si chiamava Matteo che aveva 16 anni. Matteo, come tanti ragazzi della sua età, si dilettava a passare il tempo in una compagnia di amici - la "compa" - come la chiamava lui. Aveva stretto particolarmente amicizia con 2 ragazzi, Alberto e Alice: erano i suoi "migliori amici", come si usa dire quando si è giovanissimi. Il rapporto con loro era meraviglioso, poteva parlare di tutto, fare discorsi profondi, sfogarsi nei momenti di bisogno: i suoi due amici erano sempre lì, pronti ad ascoltarlo, lui ovviamente ricambiava quando i due avevano bisogno di un consiglio sulla loro vita. Una sera di ottobre tutta la compagnia si ritrovò in un noto ristorante/pub della zona; Matteo si sedette di fianco ad Alice che cominciava ad accusare i vapori alcoolici di tutto ciò che aveva bevuto quella sera. Non si sa come accadde, ma i due si baciarono. Per Matteo fu il più bel bacio mai provato in vita sua e anche al giorno d'oggi per lui rimane senz'altro il migliore. Era stata una cosa di una sera, nulla di più, ma Matteo si invaghì della sua amica. Una settimana dopo Alice si mise con Alberto. Matteo ci rimase male, malissimo. Si era innamorato e non solo non poteva provarci con la donna dei suoi sogni ma perse le sue due amicizie più profonde in un sol colpo, perchè, come è naturale, la coppia di fidanzatini si isolò pian piano per poter dare tempo al loro amore. Dopo due anni la storia tra loro finì ma i rapporti tra i tre ragazzi non tornarono saldi come prima. Dopo un altro anno Matteo ed Alice si ritrovarono per caso e l'amicizia di un tempo venne dissotterrata e rinforzata come non mai. Matteo però continuava a considerarla più che un'amica, sentimento che lei invece non ricambiava. E così, mentre Matteo accresceva ogni giorno di più il suo amore per Alice cercando di dissimularlo, la ragazza continuava a considerarlo un semplice amico. Lei imboccò una brutta strada fatta di cartine, pezzi e piste bianche e caramelle della felicità, ma Matteo imperterrito aveva occhi solo per lei e provava a farle capire che ciò che lei stava facendo l'avrebbe portata alla rovina. Un giorno di marzo il ragazzo andò a trovare il suo amore in un postaccio dove la polvere bianca regnava sovrana; seduto al tavolino con lei, le disse: "Ti amo" mentre Alice continuava a tirare su col naso. Matteo non aveva capito se lei aveva percepito quelle parole, perchè sembrava che non le avessero fatto nè caldo nè freddo. Passarono 6 mesi e Matteo con molta sofferenza dimenticò Alice. Chi non muore si rivede. Dopo 2 anni Alice riuscì a prendere una laterale della brutta strada e si incamminò per la retta via. Chiamò Matteo e per l'ennesima volta rispuntò fuori l'amicizia di un tempo. Matteo stavolta si ripromise di non lasciarsi più andare: non sarebbe ricascato nell'errore di una volta, non si sarebbe più innamorato.


Stasera in discoteca Alice piangeva: aveva appena visto il suo ex. Matteo l'ha abbracciata teneramente e c'è stato un momento interminabile in cui le labbra dei due si sono ritrovate a pochi millimetri di distanza. Sarebbe stato troppo facile sorprenderla in un momento di debolezza. Il ragazzo le ha asciugato le lacrime e l'ha abbracciata nuovamente, sentendo riaffiorare i sentimenti di un tempo ma scalciandoli via con decisione: era un amore di un tempo che fu  e tale doveva rimanere.


I nomi di Alberto e Alice non corrispondono al vero, ma Matteo sono io.


Sono sicuro che un giorno sarà lei a venire da me, ma quel giorno io non mi farò trovare. Ho amato una sola persona nella mia vita, una donna che non è mai stata mia.

FERIE

Informo i gentili lettori/lettrici che sarò in ferie dal 23 dicembre 2005 al 2 gennaio 2006 destinazione piccolo paesino di montagna della Puglia. Mi rifiuto di passare il Natale a Modena, città nella quale la festa religiosa ha cessato di esistere per lasciare il posto alla festa meramente consumistica grazie alla quale il luogo più frequentato di dicembre diventa l'ipercoop. Voglio sentire il Natale scorrere dentro di me, voglio scoprire ancora una volta la suggestione di camminare per il corso di quel piccolo paesino pugliese ascoltando canzoni natalizie le cui note scorrono per la strada, voglio vedere il presepe vivente passare davanti a casa mia con il suono della zampogna che arriva sino alle mie orecchie. Non voglio stare in una città in cui anche il giorno di Natale sento bestemmiare e in cui il 25 dicembre viene considerato come un qualsiasi giorno festivo. No, mi dispiace, non mi avrete.

mercoledì 21 dicembre 2005

UNA SERATA AL COCCO

Questa è una lettera che ho scritto a 19 anni al 1° anno di università. L'unico che ha letto questo pensiero è stato l'hard disc del mio pc. Penso sia giunto il momento di farlo leggere anche ad altri. Voglio precisare che non frequento più posti del genere. Questa è la lettera di un'idealista sognatore che non si era ancora accorto di come andava il mondo; oggi non scriverei più queste cose.


A Pasqua io e i miei amici avevamo un desiderio da attuare: andare a ballare a Riccione. Per noi che siamo di Modena non è nemmeno tanto lontano, si tratta di 150 km più o meno. Classico pranzo con i parenti e via che si parte destinazione Riccione. La notte arriva presto e alla mezza siamo dentro a una delle discoteche che viene definita una delle più belle d’Italia, un mito per generazioni di giovani: il Cocoricò. Si comincia a ballare al Titilla, il privée del “Cocco”; stanotte la techno sarà suonata qui e non in Piramide (la sala grande) come al solito, perché in occasione del Juice of Juice, uno dei più importanti eventi house dell’anno, il popolo della house ha bisogno di più spazio. Un giro veloce per prendere confidenza con la discoteca e verso l’una si comincia a vedere qualcosa di anomalo, uno strano vociare collettivo, un macabro rituale che avviene spesso nell’ambiente delle discoteche: la vendita di quelle maledette pasticche di MDMA, o comunemente ecstasy. Vedo un tipo normalissimo, cappello da pescatore in testa, camicia col taschino, avvicinarsi a un ragazzo scambiando due parole di intesa sotto lo sguardo inflessibile di un buttafuori che sembra ignorare la conversazione. Vedo lo spacciatore che prende fuori una “cala” dal taschino e la dà al ragazzo, da cui ho avvertito solo le parole: “Ma è buona? Adesso non ho i soldi, te la pago dopo”. Chissà se erano amici, se non si conoscevano, se lo spacciatore era amico di un suo amico… E allora penso che è l’una, la notte deve ancora cominciare, sono come dei grandi preparativi per un evento che durerà fino alle 6 del mattino. Schifato da tanta disinvoltura dello spacciatore, dico a un mio amico: “Ma hai visto che roba? Quasi quasi glielo vado a dire al buttafuori, forse non se ne è accorto” e il mio amico: ”Guarda, lascia stare, non ti andare a mettere nei casini, fregatene”. Decido di seguire il consiglio del mio amico. Passa un’altra ora e mezza e ora la situazione è cambiata: si cominciano a vedere gli effetti dell’ecstasy. Mentre ballo, comincio a guardare un attimo la gente attorno a me. Al Titilla c’è gente con lo sguardo fisso nel vuoto, assente, che “smascella”, digrigna i denti, balla in modo molto disordinato rispetto ad altri. C’è l’ennesimo spacciatore che ci chiede se vogliamo delle paste e noi a dirgli no, non le vogliamo le tue schifosissime paste, idiota. Vedo un ragazzino, avrà sì e no 15 anni, allungare una pasticca a un suo coetaneo, quasi entusiasta della cosa che fa, e dopo 5 secondi mettersi la pasticca in bocca insieme al suo amico. È carico, molto carico, ma forse non sa quello che sta facendo. Mi giro da un’altra parte e vedo una ragazza, avrà 25 anni, con lo sguardo perso, sembra una zombie e non sto scherzando, con un accenno di sorriso sulle labbra, forse di contentezza, che in realtà appare come una smorfia, e le palpebre semichiuse che fanno quasi impressione. Intravedo nel corridoio ragazzi che sono seduti per terra, mani nei capelli, scuotono il capo, hanno la faccia sconvolta, uno che addirittura sembra che abbia allucinazioni. E allora mi parte un “viaggio mentale”, comincio a pensare alla mia vita e a quella delle persone che mi circondano. Penso che ho 19 anni, sto facendo medicina all’università per aiutare in un prossimo futuro la gente che sta male, e invece la gente rovina il proprio cervello e a volte anche la propria vita davanti ai miei occhi. È uno spettacolo ignobile. Forse non tutti sanno che il nostro sistema nervoso è come un immenso circuito elettrico; prendere dell’ecstasy è come tagliare tanti fili elettrici (gli assoni dei neuroni, responsabili della trasmissione dell’impulso nervoso), ma non si sa quali colpirà e se quei fili elettrici sono poco o molto importanti per un buon funzionamento del nostro “impianto elettrico” sistema nervoso. E allora mi chiedo se vale la pena rischiare di buttare via la propria vita per una nottata in discoteca. Allora mi chiedo cosa stanno facendo le forze dell’ordine, perché lo sanno benissimo che di droga ne circola ancora a quintali nonostante tutti i sequestri che hanno compiuto in questo periodo. Allora mi chiedo se questi giovani hanno un progetto di vita o hanno zero ambizioni e pensano tutto il giorno a come passare il sabato sera. Mi chiedo se la campagna di informazione da parte dello Stato sia sufficiente e mi chiedo se scrivere una lettera del genere possa avere un senso, perché so che tanto a quei giovani non arriverà mai il mio messaggio. Mi chiedo se sto facendo abbastanza per fare uscire una mia amica dal giro dell’ecstasy portandogli a casa documentazioni scientifiche che testimoniano gli effetti clinici dell’MDMA sul corpo umano. Penso a tutte queste cose e non ho più voglia di ballare, perchè so che alcuni miei coetanei stanno buttando via la propria vita, ma non pensate che io sia uno di quei ragazzi perbene secchione a scuola che non fuma, non beve mai, non si è mai fatto una canna e sta a casa il sabato sera. Il contrario. Ho solo più testa di altri, o forse ho solo la fortuna di essermi informato più che bene sulle droghe che fanno veramente male al nostro organismo. La mia felicità di stasera è andata via, svanita nel nulla. Al suo posto c’è un grido disperato che chiede: ”Perché?”

 



 


 


Ritorno dal mio viaggio mentale, è passato un quarto d’ora, e non c’è più solo una zombie, ma sono diventati due, dieci, cinquanta. Si fanno le tre e mezza, siamo costretti ad accompagnare a casa a Cattolica una nostra amica che deve essere a casa alle quattro. Prima di andare via faccio in tempo a girarmi indietro e vedere una ragazza molto bella, alla sua sinistra un suo amico e alla sua destra una sua amica. Li guardo bene e vedo che fanno parte del popolo degli zombie; fisso i due occhioni verdi colmi di tristezza della bella ragazza che mi dicono: “Non c’è speranza”. Due ore e siamo a Modena, andiamo in pasticceria a fare colazione e prendiamo cappuccino e cornetto: questa sì che è una pasta che non farà mai male.

martedì 20 dicembre 2005

6 - BIOLOGIA E GENETICA GENERALE

Altro esame farsa, altro regalo! Voi ora vi chiederete che cos'è un esame farsa: è semplicemente una materia inutile, messa nell'ordinamento didattico per fare numero, con un esame ridicolo alla fine di tutto. Biologia e genetica generale tratta di argomenti generici che saranno poi ripresi negli anni successivi in materie come biologia cellulare/molecolare in cui si studierà tutto più approfonditamente.


L'esame consisteva nel prepararsi un argomento a scelta, poi una domanda del prof (comunque facile) e portare una ricerca su un parassita a nostro piacimento. Il prof era un pezzo di pane e regalava voti altissimi a tutti (o quasi). Io presi 28 ma questa volta non voglio parlare di me ma dell'esame di due miei amici.


L'esame di Nick fu una comica assoluta. Mi è stato raccontato perchè sfortunatamente non ero presente a quell'appello. Nick preparò malissimo l'argomento a scelta e fece quasi scena muta alla domanda del prof. Le frasi che seguono sono leggenda:


Prof: "Io te bboccio"


Nick: "No prof non me bbocci"


Prof: "Va bene dai 18, oggi sono buono"


Nick: "No prof allora rifiuto"


Prof: "Come rifiuta? Ma insomma il suo argomento non lo sapeva, le ho fatto un'altra domanda e mi ha fatto scena muta, cosa dovrei darle?"


Nick: "Prof posso dirle il parassita?"


Prof: "EEE dimmi il parassita!!!!"


[Nick espone la ricerca sul parassita (che tra l'altro era la mia che era stata riciclata) sbagliando pure su quella]


Prof: "Guardi non le posso dare più di 19"


Nick: "No prof, rifiuto"


Prof: "20!"


Nick: "No prof, torno un'altra volta"


Prof: "21!"


Nick: "No no..."


Prof: "Senta le do 22 ma è la mia ultima offerta"


Nick: "Facciamo 23 e accetto"


Prof: "Vabbè le do 23, accetta allora?"


Nick: "Scriva scriva..."


Mi è stato raccontato che un amico di Nick, che era venuto a sentire l'esame, durante la contrattazione del voto è dovuto uscire dall'aula perchè non ce la faceva più dalle risate.


Il migliore però è stato Hasan, un ragazzo arabo-israeliano, con la complicità del suo amico Attaf, sempre arabo-israeliano. Hasan non sapeva un cavolo di biologia e bisognerebbe conoscerlo per capire che cavolo di tipo è. La leggenda dice che Hasan si presentò all'esame di biologia a settembre (al cosiddetto "appello dei cazzoni") insieme al suo amico Attaf. Attaf fu interrogato per primo e fece una figura meschina, strappando un 18 pregando il prof di promuoverlo. Hasan fece scena muta completa, e a quel punto il prof disse: "Io ti devo bocciare, mi dispiace" Il resto è storia:


Hasan: "Nono prof, non mi bocciare dai, ho studiato però in arabo, ti assicuro, ho studiato in arabo".


Prof: "Si va bene ma come faccio a verificarlo?"


Hasan chiama Attaf, poi comincia a parlargli in arabo. Passati 10 secondi, Attaf dice al prof: "Mio amico dice che se Lei vuole, io faccio la traduzione da arabo a italiano". Il prof rimane a bocca aperta, poi esplode: "ANDATE VIA, ANDATE VIA, VI DO 18 A TUTTI E DUE MA ANDATE VIA DI QUA!!!"


Traduzione arabo-italiano.. che idea!!!

5 - INGLESE II

L'esame più inutile di tutto il corso di laurea? E' una dura lotta con inglese I, III e IV... Esame farsa su cui non c'è niente da dire.

sabato 17 dicembre 2005

AI CONFINI DEL PARANORMALE

Questo post riporterà i fatti accaduti giovedì sera durante la mia uscita con Mari. Prego i lettori di abbandonare qualsiasi razionalità residua dalla loro coscienza e di credere a ciò che è mi successo due sere fa. Per alcune ore ho creduto di essere impazzito e di soffrire di turbe psichiatriche.


RACCOMANDAZIONI PRIMA DI LEGGERE: questo post riporterà fatti accaduti ai limiti del paranormale. E' assolutamente sconsigliata la lettura a cardiopatici, portatori di pacemaker, epilettici, individui che sono stati a contatto con alieni negli ultimi 20 anni, agli idealisti e ai puri di spirito. L'autore declina ogni responsabilità di danno mentale/nervoso dovuto alla lettura di questo post.


Giovedì 15 dicembre 2005, ore 19:00. Chiamai Mari per metterci d'accordo per uscire, l'appuntamento sarebbe stato alle 22:30 davanti a casa sua. Prima di vederla, avevo la cena della mia ex-compagnia in pizzeria. Ero teso ma anche incazzato: nessuna donna poteva permettersi il lusso di farmi star male. La mia corazza di acciaio era stata scalfita nel punto in cui risiede l'orgoglio, già danneggiato in precedenza da ragazze poco sensibili che ho incontrato nel corso della vita. Ho costruito appositamente una difesa che non mi permetta di affezionarmi con facilità a una donna, ma più passa il tempo più capisco che è stato un lavoro inutile: a volte i castelli in aria sono costruzioni inevitabili quando incontri persone che ti fanno sognare. Mari è riuscita sia a rendere vana la corazza sia a farmi fantasticare, in effetti senza impegnarsi più di tanto, solo usando il suo sguardo, la sua razionalità, la sua intelligenza. Non che fossi innamorato, intendiamoci, ma una leggera infatuazione era presente. Quel suo non farsi mai sentire mi aveva mandato in bestia e aveva confermato in pieno quello che il buon vecchio Ferradini aveva ipotizzato anni or sono col suo famoso Teorema. Quella uscita con lei sarebbe stata la prova del 9, se fossi riuscito a baciarla si sarebbe innamorata delle mie labbra, delle mie mani e poi di me per un meccanismo di contiguità. Conosco le mie doti e conosco i miei punti deboli; ho sempre fatto fatica nelle fasi preliminari che precedono il bacio, ma una volta arrivati a quel punto posso controllare la situazione come voglio: nessuna resiste alle mie carezze e tutte si affezionano senza eccezioni. Non a caso la parte del corpo che più mi piace in me sono le mani, autentici gioielli attaccati a un corpo che forse non è alla loro altezza.


Alle 22:30 suono al suo campanello, lei esce di casa, la carico in macchina poi partiamo direzione pubtranquillopercoppiette. Alla cena della mia ex-compagnia ero anche riuscito a placare il mio nervosismo anche se la tensione era rimasta piuttosto alta. Arriviamo al locale, io limoncino lei birra piccola, parliamo del più e del meno per un'oretta, poi le faccio la domanda fatidica: "Tu cosa cerchi, una storia seria o un'avventura?". E' una formula classica che serve per tastare il terreno, non impegna e permette quasi sempre un'ottima gestione della situazione per qualsiasi risposta dia la ragazza.


"No guarda, non sono una tipa da avventure, e spero che tu non stia cercando quella"


"Lo avevo immaginato.. Ma dai ti sembra che per come mi sto comportando stia cercando un'avventura? E quindi cerchi una storia seria?"


La risposta era scontata, stavo cercando solo di prendere tempo per pensare bene a come dovevo indirizzare il discorso. Quello che sentii mi fece rimanere allibito.


"Ma veramente non cerco neanche quella"


La fissai meravigliato. Mi aveva completamente spiazzato. Mai e poi mai mi sarei aspettato una simile risposta.


"Come scusa? No aspetta un attimo che forse ho capito male"


"Non cerco nessuna delle due"


"Ma scusa, allora per quale motivo stai uscendo con me?"


Questa domanda mi uscì di botto, figlia della spontaneità. Lei cambiò espressione, quasi infastidita dalla mia richiesta di spiegazione. E qui cominciò il paranormale.


"Perchè, non si può uscire per conoscersi meglio?"


"Ma a che fine?"


"Nessun fine"


Da quel momento rimasi completamente inebetito. Fissai il vuoto per 10 secondi cercando risposte nel mio cervello ormai esausto da tante ore di studio che avevo fatto durante la giornata. Provai a formulare qualche ipotesi sensata per spiegare ciò che Mari mi aveva appena detto, provai anche a trovare nei cassetti della memoria qualche vecchio file di archivio che si potesse collegare a una situazione simile ma la ricerca fu vana: non cavai fuori dal buco nemmeno un barlume di spiegazione logica a quello che lei mi aveva appena finito di dire. C'eravamo conosciuti a una festa, le avevo chiesto il numero, l'avevo chiamata e invitata fuori e lei aveva accettato e siamo usciti. Nessun amico, nessuna attività, nessun luogo frequentato in comune. Lei dopo una settimana mi ha invitato a casa sua a prendere un caffè e mi aveva fatto conoscere il fratello e la sua coinquilina. Arrivati al terzo appuntamento, volevo provare a baciarla a fine serata perchè ormai ritenevo che fosse giunto il momento giusto, ma lei no, sconvolge tutto e mi dice una cosa del genere. Per conoscersi meglio, ma non ha voglia di impegnarsi perchè non ancora pronta dopo una scottante esperienza precedente, e se la prende a male perchè io non comprendo che se una ragazza invita un ragazzo semisconosciuto a casa sua a prendere un caffè non è segno di interesse nei suoi confronti ma solo un modo per conoscersi meglio. Ma a che pro porca miseria? Sfarfuglio qualcosa sulla differenza di vedute degli uomini e delle donne, poi rifisso il vuoto per altri 15 secondi e mi scappa detto: "Sai che stasera avrei voluto baciarti?" E lei: "Beh, ti sarebbe arrivato uno schiaffo. Non è la prima volta che capita". Qualche mese prima avevo perso le mie chances con una tipa proprio perchè non ero riuscito a baciarla durante le 3 volte che siamo usciti insieme. La confusione nella mia testa stava assumendo contorni a dir poco preoccupanti. Sono rimasto un'ora a provare a capirla e a chiederle spiegazioni, avrei voluto sentire che il problema ero io così mi sarei potuto mettere il cuore in pace, invece no, il problema era suo e l'ha ribadito più volte. Preso dallo sconforto le ho chiesto: "Scusa ma ora come mi devo comportare?" E lei: "Io non vorrei che tu stia male, anche se continuiamo a vederci potrebbe non succedere nulla perchè potrei trovare un altro e la stessa cosa potrebbe capitare a a te". Ero completamente imbambolato; i miei sguardi nel vuoto aumentavano di durata e di frequenza: non sapevo più cosa dire. Mari mi aveva lasciato senza parole e senza possibilità di controbattuta, aveva vinto quella battaglia verbale e non c'era nulla che potessi fare per capovolgere quell'esito. Parlammo ancora del più e del meno poi la riaccompagnai a casa. Appena scese dalla macchina dopo i due bacini di rito, partii in automatico e cominciai a parlare da solo mentre guidavo. Sfarfugliavo qualche frase insensata e sceglievo le direzioni assolutamente a caso, con lo sguardo ebete di chi non sa darsi una risposta a ciò che ha appena sentito. Girai per un'ora senza una meta, chiedendomi se l'anormale fosse lei e se tutto il mondo fosse impazzito di botto o se lo fossi stato io da una vita. Preso da questo dubbio atroce, mi indirizzai a casa dove nel pieno della notte entrai in camera di mia sorella per sapere la verità sul mio stato mentale. Sentirmi dire che l'anormale era lei mi fece tirare un sospiro di sollievo: ripresi un attimo di lucidità e riuscii a trovare la forza di andare a letto. Mi misi sotto le coperte con la rabbia di chi aveva costruito castelli in aria e se li era visti distruggere non da un due di picche tirato con prepotenza dall'avversario, ma da una forza oscura e misteriosa che quella sera si era manifestata così inaspettatamente in quel pub. Qualcuno la chiama forza del paranormale. Io la chiamo incomprensione tra uomini e donne.


mercoledì 14 dicembre 2005

DOMANI

Domani sera esco con Mari. Io la vedo grigia. Per la legge di Murphy qualcosa può andare storto, quindi la serata andrà storta di sicuro. Con la fortuna che ho con le donne, questa la perdo al 100%. Così almeno potrò autocommiserarmi per un buon mesetto e mi potrò sentire come se avessi lo scroto attaccato al muro con dei chiodi.

lunedì 12 dicembre 2005

5 GIORNI

Sono passati 5 giorni da quando l'ho sentita l'ultima volta. 5 giorni. 120 ore. 7200 minuti. 432000 secondi. Un'eternità. 5 giorni che durante una vacanza passano e manco te ne accorgi, durante la routine quotidiana sono lunghi ma ti ci fai l'abitudine, ma quando stai male sono di una lunghezza che tende all'infinito. Potrei anche provare a richiamarla, ma a che pro? Se le interesso davvero lo farebbe lei. Devo seguire il teorema di Ferradini perchè non c'è legge più vera di quella. NON DEVO RICHIAMARLA NON DEVO RICHIAMARLA NON DEVO RICHIAMARLA NON DEVO RICHIAMARLA NON DEVO RICHIAMARLA NON DEVO RICHIAMARLA... Non ce la faccio.. Ho voglia di sentire la sua voce, di scherzare con lei, di invitarla fuori, di baciarla. Il nervoso aumenta di ora in ora, tra poco comincerà la gastrite e di nuovo il mio pensiero volerà a lei, a una semisconosciuta con cui sono uscito due volte. Strana la vita, ma ancora più strane sono le donne che non ho mai capito e che mai capirò. E così questa è la storia di un dolce uomo, dolce ma non mieloso, affettuoso ma non appiccicoso, premuroso ma non coglione, che diventerà stronzo suo malgrado. L'odio contro le donne è destinato ad aumentare contro la mia volontà. Poi loro si lamentano se gli uomini le trattano male. Ma rendetevi conto di come voi trattate noi, al posto di piangere su voi stesse quando un uomo vi fa star male: vi ripaga solamente con il vostro stesso pane.


Fine dello sfogo.

venerdì 9 dicembre 2005

FINE DI UNA DIPENDENZA

Stanotte ho preso la decisione di mollare la mia partita a Ogame. Chi non sa cos'è Ogame è meglio che non lo sappia mai perchè potrebbe pentirsene. E' la più brutta dipendenza che abbia mai accusato, più forte anche della dipendenza da fumo di sigaretta. Cinque minuti prima di decidere di schiantare la mia flotta verso un pianeta di un amico, volevo mettere la sveglia di notte per fare partire dei nuovi attacchi della mia flotta. Un mese fa giudicavo pazze le persone che facevano questo, erano i giocatori delle prime posizioni, e mi ero ripromesso di non diventare mai come loro. Ero 468° su circa 9000 persone in uni12, avevo 7 pianeti, 55 bs, 10 incrociatori, 22 caccia pesanti, 10 caccini, 17 cargo grandi, 30 ricicle, 12 sonde spia.


In Ogame ho conosciuto gente di tutti i tipi, ma una persona di cui non mi scorderò mai è Agostino. Ago è la persona con cui chattavo su msn messenger fino a notte fonda parlando sì di ogame ma anche di vita, facendo a volte discorsi molto profondi. Spero un giorno di incontrarlo anche nel mondo reale e non solo in quel cavolo di mondo virtuale che era Ogame.


Mi hai fatto divertire ma anche penare per un mese e mezzo della mia esistenza. Addio Ogame.

SCAZZO

Io odio le ragazze. Non le capisco, sono incomprensibili. Una ragazza esce con te, passi una serata bellissima con lei, poi la rivedi una settimana più tardi perchè lei ti invita a prendere un caffè a casa sua. Passi un'altra mezz'ora piacevolissima, la saluti e lei ti dice che usciremo la prossima settimana. La senti per sms e lei è contenta che tu ti sia fatto vivo, poi le mandi un altro sms il giorno dopo e non ti risponde. La chiami il giorno successivo e lei non risponde ancora. Non si fa più sentire. Ma che cazzo avete voi donne, cambiate idea in base alla luna? Sono incazzato nero.

giovedì 8 dicembre 2005

NASCITA DI UNA PASSIONE

La chirurgia: è lei la protagonista incontrastata della medicina. Tutti la ammirano e tutti la temono. Sentirne pronunciare la parola manda il pensiero a scene dell'immaginario collettivo in cui regna austerità e mistero.


Quando cominciai medicina non sapevo che specializzazione prendere ma sapevo benissimo quali non prendere. Ho sempre pensato di non avere una buona manualità e così tutte le branche chirurgiche erano state scartate senza, in effetti, averle mai viste. Inizialmente mi sarebbe piaciuto fare l'anestesista (idea che mi portai dietro fino a un anno fa) per il mio interesse verso il campo farmaceutico e il campo dell'emergenza-urgenza.           Un giorno successe qualcosa che mi aprì gli occhi.


L'anno scorso ho frequentato il Pronto Soccorso dell'Ospedale Civile come allievo-studente. Nel PS della mia città c'è una netta distinzione tra casi medici e casi chirurgici, che seguono 2 strade diverse una volta smistati dall'accettazione che provvede a fare triage. Come tutor mi era stata assegnata una ragazza neolaureata che era di una bravura straordinaria per la sua età e per la sua poca esperienza: Erica era la dottoressa del PS medico. In quei giorni cominciai a imparare sempre più cose e a prendere dimestichezza con la semeiotica medica.


Ci fu un pomeriggio che sentii urlare un bambino dall'ambulatorio chirurgico; visto che era un momento di relativa calma, bussai alla porta e chiesi di poter entrare; il chirurgo di guardia con un gesto della mano mi invitò dentro. La scena che mi si presentò davanti non era delle più tranquille: c'era un bimbo di 5 anni con una ferita al cuoio capelluto di circa 3 cm che aveva la testa completamente insanguinata. Era la prima volta in vita mia che vedevo così tanto sangue: una parte di me era impressionata e mi ripeteva mille volte: "Vattene da qui più in fretta che puoi", ma nel mio io più profondo c'era un'altra parte che si svegliò. Quella parte di me la chiamo Io chirurgico. Tutto quel sangue, quelle urla, quella cruenza nel passare un ago in testa a un bambino.. Ero affascinato, fu un'emozione indescrivibile guardare quei movimenti così rapidi delle mani che fecero arrestare l'emorragia in 5 minuti. Mi venne in mente un episodio di qualche anno prima, quando giocando a calcio mi feci un taglio profondo sul ginocchio destro e dovetti andare in PS a mettermi i punti. Mentre il medico si accingeva a farmi l'anestesia, ricordo che l'infermiera mi consigliò di non guardare; le risposi che non avevo paura e che avrei guardato perchè ero curioso. Non so perchè ma l'infermiera fece una faccia strana, poi continuò nel sul lavoro. E quando il chirurgo con decisione affondava quell'ago curvo nella mia carne, ero inebetito da cotanta lestezza e da quei movimenti magici per fare i nodi che compiva con l'ausilio di uno strumento che solo anni più tardi scoprii chiamarsi portaaghi.


Dopo quel pomeriggio di PS il mio Io chirurgico tornò a dormire, per tornarsi a svegliare circa 2 settimane dopo, quando di guardia in PS chirurgico c'era una dottoressa francese di nome Mecherie. La notai per caso mentre andavo a fumarmi una paglia nel cortile dell'ospedale: era alta, mora, bellissima. Dimostrava sì e no 30 anni e mi venne un colpo quando invece seppi che di anni ne aveva dieci in più. Fumata la mia sigaretta, rientrai in PS e mi fermai davanti all'ambulatorio chirurgico, nel quale la bella dottoressa stava per dimettere un paziente. Lei mi notò quasi subito e mi invitò ad entrare con modo gentile. Uscito il paziente, cominciò un dialogo durato 5 minuti che non scorderò mai più.


"Ciao, tu chi sei?"


"Sono uno studente di medicina del 3°anno, mi chiamo Matteo"


"Io sono Mecherie, piacere. Beh Matteo, cosa vuoi fare da grande?"


"Mah, sinceramente sono ancora un pò indeciso, ma sarei orientato verso anestesia e rianimazione"


"Sarebbe un'ottima scelta. Trovi lavoro subito e guadagni un sacco di soldi"


"Però non sono convinto, devo capire se mi piace"


"Per quello c'è tempo, non preoccuparti"


"Lei per esempio, perchè..."


Lei mi interruppe: "No, non Lei, dammi del tu"


"Ah, sì, scusami... Per esempio, tu perchè hai deciso di fare chirurgia?"


"Mi piaceva. Sono sempre stata un pò sadica e mi piace operare. Tutti i chirurghi sono un pò sadici, non sei d'accordo? Per esempio, una cosa che può sembrarti strana è che a me piace sentire l'odore di carne bruciata dal bisturi elettrico. L'hai mai sentito quell'odore? A me fa impazzire. E così, tutte le volte che entro in sala operatoria, do soddisfazione a quel poco di sadismo che c'è in me".


Ero sconcertato. Ma che cazzo aveva detto? Erano le parole di una pazza, non c'era ombra di dubbio. Feci finta di nulla, continuai la conversazione, così la salutai e me ne andai.


20 giorni dopo mi ritrovai in macchina in viaggio per la Puglia. La mia famiglia, come ogni anno, si spostava al gran completo per passare le vacanze di Natale in compagnia dei parenti di mio padre. Mentre osservavo il cielo con strane nuvole colorate di un'inverosimile tinta, il mio lettore cd mi aiutava a ricordare musica dance anni '90. Fu in quei momenti che mi tornarono in mente le parole della dottoressa. Un dubbio crepò la corazza di diffidenza verso la chirurgia: e se avesse avuto ragione? E cominciai a fantasticare su una mia possibile carriera da chirurgo, mentre le nuvole scorrevano veloci davanti al mio sguardo e mentre gli auricolari continuavano a gracchiare dance di altri tempi. Così misi a fuoco la situazione, mi accorsi che in fondo il tirocinio di semeiotica chirurgica che avevo fatto qualche mese prima era stata una delle esperienze più belle che avessi mai fatto e che desideravo fortemente che quel prof. che me l'aveva spiegata mi insegnasse altre mille, diecimila, centomila cose sulla chirurgia. Il mio Io chirurgico si era finalmente svegliato da un lungo torpore nel quale non sarebbe mai più ricaduto.


Tre mesi dopo, quando entrai per la prima volta in sala operatoria, compresi a fondo le parole della dottoressa. Mentre assistevo alla colecistectomia laparotomica e il chirurgo affondava il bisturi elettrico nel sottocute sprigionando un fumo grigiastro, avevo voglia di correre dalla dottoressa a confidarle che quell'odore faceva impazzire anche me.

sabato 3 dicembre 2005

4 - FISICA E INFORMATICA

Fisica scritto, informatica pratico. Il prof. di fisica era un tipo di cui si farebbe fatica a trovarne l'esistenza anche nel più audace cartone animato che voi possiate immaginare. Già il nome, tutto un programma: Tolmin*o (metto l'asterisco perchè se poi dovesse trovare il suo nome con Google è capace di denunciarmi). Alto circa un metro e 70 e peso incalcolabile, Tolmin*o teneva delle lezioni di fisica così assurde e così spiegate male che gli studenti si stancarono presto di andarci. Purtroppo a medicina la frequenza è obbligatoria, così Tolmin*o pensò bene di controllare le presenze facendo passare il classico foglio delle firme durante la lezione. Effettivamente con questo metodo l'aula si ripopolò nel giro di 2 lezioni, ma aumentò esponenzialmente anche il nostro casino. E' rimasto negli annali la volta che si incazzò così tanto della nostra confusione che pronunciò questa frase: " Bene, se non volete ascoltarmi, io non parlo più". Smise di parlare per 30 secondi, la confusione intanto pian piano scemava; Tolmin*o quindi prese un pennarello e cominciò a scrivere su alcuni lucidi vuoti appoggiati sulla lavagna luminosa e ricominciò a fare lezione così, disegnando formule incomprensibili e scrivendo alcune parole per spiegare ciò che stava facendo. Andò avanti così per mezz'ora, davanti a un'aula incredula e divertita.


L'esame di fisica lo studiai il giorno prima per mezz'ora facendo fotocopie dei bigliettini che qualcun altro aveva preparato per l'esame. Io mi limitai a copiare al pc un paragrafo del libro visto che, oltre alle domande aperte, ci sarebbe stata anche una domanda con argomento a scelta; stampai tutto in carattere word 2,5 e mi preparai 4 penne trasparenti in cui infilai dentro i miei bigliettazzi. L'indomani all'esame tutti avevano milioni e milioni di bigliettini da tirare fuori al momento opportuno, nascosti nei più remoti angoli del corpo umano. Il prof ci fece fare prima la domanda a scelta, lasciandoci completamente soli per un'ora. Quando tornò, ha osato dire che se ci avesse beccato con un bigliettino, ci avrebbe annullato il compito e ci avrebbe denunciati per falso in atto pubblico alle autorità giudiziarie. Non potevamo credere alle sue parole. Proiettò un lucido con le domande d'esame. Un dramma, non sapevo neanche in che bigliettino fossero quelle cose di cui chiedeva una risposta. Sono rimasto mezz'ora a provare a copiare a destra e a sinistra ma niente, non ci riuscivo. Intanto tutti i miei colleghi avevano il loro bel bigliettino sulle gambe e copiavano a bestia tutto quello che poteva sembrargli avere senso. A un certo punto inaspettatamente Tolmin*o si alza dalla sedia e si dirige verso le scale dell'aula ad anfiteatro a passo veloce. Quel momento è rimasto nella storia del mio corso: per tutta l'aula si è sentito uno spallottolìo e uno scartoccìo di bigliettini che avrebbe sentito anche un sordo.


Presi 20 in fisica e 28 in informatica.


domenica 27 novembre 2005

STORIA A DISTANZA: UN ALTRO PUNTO DI VISTA

In riferimento al post "Storia a distanza" di venerdì 18/11/2005, mi sembra opportuno riportare anche l'altro punto di vista, cioè della ragazza che aveva vissuto con me quell'esperienza di 2 anni fa, che ha detto la sua su quella notte di cui ho raccontato.


Ho letto il tuo blog.
E'una storia surreale, mitizzata.
Sai perchè ho sempre preferito ignorarti?
Perchè il ricordo che m'è rimasto di te è diametralmente opposto a quello che a te è rimasto di me.
Lo dico senza rancore di sorta, intendiamoci.
E'incredibile come una relazione tra due persone possa essere vissuta e ricordata in maniere completamente differenti.
Come se le storie fossero state due, una per ognuno.
Due punti di vista, due storie.
E allora, dopo che ci si lascia ci si perde, perchè in comune non si ha neanche quel periodo in cui si è stati insieme.
Ecco perchè preferisco non risponderti.
Perchè la mia storia è stata molto differente dalla tua
e se leggo quel blog,
io non so che favola stai narrando.


Come se quella notte non fosse mai esistita per lei. Giuro che è andata davvero come avevo descritto. Dire che ci sono rimasto male è poco. Ovviamente le ho risposto:


Sono senza parole. Non mi sarei mai aspettato una risposta del genere. Il
fatto che tu abbia distrutto tutti i bei ricordi di noi mi lascia con
l'amaro in bocca. I bei ricordi sono belli e basta; era un bello oggettivo e
tale doveva rimanere. Sei riuscita nel tuo intento di trasformare nella tua
testa ogni ricordo piacevole di me e te in episodi spiacevoli. Mi
congratulo. Visto che non sai che favola sto narrando, tu affoga pure nella
tristezza di tutto il male che c'era tra di noi, io invece ricorderò quanto
ci siamo voluti bene e continuerò a trovare una Chiara in una
qualsiasi ragazza con i capelli a caschetto e un pò bassina che incontrerò
per strada, come ho fatto dal giorno che ci siamo lasciati fino ad oggi, per
farmi venire in mente dei nostalgici pezzi di vita di te e me insieme.
Voglio arrivare in punto di morte e ricordarmi di una ragazza che mi faceva
impazzire per come pronunciava il mio nome.

"E allora, dopo che ci si lascia ci si perde, perchè in comune non si ha
neanche quel periodo in cui si è stati insieme."


Hai ragione, ci si perde. Non ti permetterò di demolire anche i miei
ricordi. Senza rancore, ovviamente...

Addio Chiara.


Chiara mi ha mandato un'altra mail, ma ora lei per me esiste solo nei ricordi.

sabato 26 novembre 2005

QUALCOSA STA ACCADENDO

Qualcosa sta accadendo in me. Si chiama Mari e mi ha completamente destabilizzato. Ero convinto di poter controllare le mie emozioni quando e come volevo, invece sono stato smentito, manco a dirlo, da una donna. Lei è bella, troppo bella, ma più che la sua fisica meravigliosità sono la sua intelligenza sopraffine e il suo carattere (che farebbe sciogliere un ghiacciolo dentro a un freezer) che colpiscono al primo impatto con lei.


L'ho conosciuta venerdì scorso a una festa universitaria a cui non volevo andare. Inizialmente sembrava una qualsiasi ragazza che si può conoscere a una festa: nessun segno particolare degno di nota. Era carina, certo, ma sembrava carina come sembravano carine tante ragazze presenti quella sera. Mi accorsi però che più tempo passavo a parlaer con lei, più trovavo in lei qualcosa di nuovo che mi piaceva. Il suo sorriso è stata la prima cosa che mi ha colpito: era qualcosa che mi illuminava di gioia. Poi il modo di fare, la sua voce, le sue parole... E' stato il numero di telefono più sudato che io abbia mai ottenuto, me l'ha fatto indovinare cifra per cifra. "Dai, il suo numero ce l'ho, magari tra qualche giorno la chiamo, ma non mi aspetto nulla da lei..." pensavo tra me e me mentre tornavo a casa. In fondo era una ragazza come ne avevo conosciute tante, ma non avrei mai detto che avesse qualcosa in più delle altre.


Domenica le telefono per invitarla a uscire, ma lei è ammalata. Veramente non che io stessi meglio con quel mal di gola che mi ritrovavo. Durante quella breve conversazione riesco addirittura a farla ridere, mi piace quando lei ride, mi piace quando se la prende quando le dico qualcosa, mi piace come si comporta con me. Avete presente le cosiddette "fashion-girl" superfighe fuori e vuote dentro, con l'intelligenza pari a un uomo australopithecus (e sono fin troppo buono, il mio antenato mi voglia scusare del paragone), vestite firmate da capo a piedi? Avete presente? Bene, Mari è l'opposto. Ci sentiamo ancora un paio di volte prima di concordare un appuntamento che è stato proprio ieri.


"Allora dove ti passo a prendere?"


"Boh dimmi tu"


"Ma come dimmi tu? Io non so neanche dove abiti"


"Abito in centro"


"Sì vabbè grazie, il centro è piccolissimo guarda"


(Lei ride) "Hai ragione, sai dov'è la vecchia scarpa?"


"Lì non posso entrare con la macchina.. facciamo in Piazza Roma alle 9 e mezza?"


"Va bene"


"Però Piazza Roma è grande.. diamoci un punto preciso.. hai presente il negozio di parrucche?"


(Lei ride ancora, poi mi dice...) "Sì, ho presente, ma dai.. un appuntamento davanti A UN NEGOZIO DI PARRUCCHE! Comunque quel negozio è davvero bello"


"E' vero.. Lo so che è un pò squallido incontrarsi davanti a un negozio di parrucche, ma è l'unico punto di riferimento che mi ricordo!" (che scemo che sono)


"Va bene, facciamo lì alle 9:30"


"Allora a dopo..."


Non ero teso, non ero nervoso. In fondo si trattava solo di portare a bere qualcosa una ragazza, cercando di non fare troppo tardi perchè l'indomani avrei avuto l'esame per la patente di Croce Rossa, per il quale tra l'altro non avevo studiato neanche un minuto. Sono arrivato stranamente in anticipo, quasi mai successo nella mia vita, e dall'interno della mia macchina osservavo la gente camminare frettolosamente, tutta incappucciata e imbottita per scampare al grande freddo di ieri sera; ho osservato, ovviamente, anche il fantastico negozio di parrucche, con le stravaganti chiome dai colori più improbabili. Poi all'improvviso appare lei, sale in macchina e andiamo via, direzione birreria.


Mi sono accorto che avevo sottovalutato la sua bellezza solo quando l'ho osservata più da vicino. Strano a dirsi, perchè di solito succede esattamente il contrario: da vicino molte donne appaiono non così belle come quando osservate da lontano. I suoi capelli sembravano fili di seta finissima, un viso così ben definito da non dover invidiare nulla a quello di tante dive dello spettacolo, un seno che si poteva immaginare essere perfetto grazie alla scollatura di classe del suo vestito di ieri sera. Il suo punto forte, però, erano gli occhi, che le permettevano di osare sguardi così... così... non mi vengono neanche le parole per descriverli e forse non esistono nemmeno termini per farlo. Due brufoletti sulla fronte la rendevano così umana che quasi contornavano meglio il già splendido viso. Rimasi sorpreso. Una settimana prima non mi ero accorto di quanto fosse bella e per me è stato quasi uno shock rendermi conto che davanti avevo una ragazza fantastica, una donna come avevo sempre desiderato nei miei sogni più arditi.


Eravamo arrivati alle 21.45, e abbiamo cominciato a chiacchierare di tutto quello che ci passava per la testa, senza aver paura del giudizio dell'altro. Così io le ho raccontato della mia disastrosa vita scolastica e che mi piace sentire l'odore della carne bruciata dal bisturi elettrico durante gli interventi, lei invece che era una perfezionista negli studi e che una volta si stava mettendo a piangere dal dispiacere quando il dentista le aveva tolto l'apparecchio per i denti perchè ci era affezionata.


A un certo punto della serata lei mi dice che forse è meglio andare perchè l'indomani avrei avuto l'esame di guida. Guardo l'orologio: era l'1:05. Sono rimasto di sasso: erano passate 3 ore e 20 e invece a me erano sembrate neanche 2 orette scarse. Usciamo dal locale e veniamo colti da sorpresa quando vediamo la neve sul manto stradale. Mi prende a braccetto per non scivolare, poi mi dice che la faccio troppo ridere e questo mi riempie d'orgoglio. La riaccompagno a casa ma non me la sento di baciarla, preferisco farlo al secondo appuntamento.


Sogno ad occhi aperti.


domenica 20 novembre 2005

3 - INGLESE I

Se dovessi fare una classifica degli esami più inutili e scassamaroni di tutto il corso di laurea, l'esame di inglese salirebbe sul podio. Ovviamente l'inglese è importante bla bla bla bla bla, è fondamentale conoscerlo bla bla bla bla bla... L'inglese che io so l'ho imparato alle superiori grazie alla prof. Neri e non lo devo a nessun altro. Questo esame è il primo di 4 prove sostanzialmente uguali tra di loro, distribuite una per ogni semestre dei primi due anni di studio. Non avevo mai frequentato se non il minimo indispensabile per ottenere le firme di frequenza, e infatti al primo tentativo venni segato ma mi rifeci al secondo, ovviamente senza studiare nemmeno 1 minuto. Questo è un post schifoso perchè privo di emozioni, e così è stato aver dato quest'esame. Mi scuso pubblicamente con i lettori, ma saranno così anche inglese 2 e 3. Inglese 4 invece ha regalato delle perle fantastiche.

2 - INTRODUZIONE AGLI STUDI MEDICI, AL RAPPORTO MEDICO-PAZIENTE E ALLE DIMENSIONI SOCIALI DELLA MEDICINA

L'esame con il nome più lungo, ma anche l'esame più inutile del primo anno. Un mucchio di cazzate sulla medicina sfornate da uno statistico, da un fisico e da una psicologa; voi ora vi chiederete cosa c'entrano queste persone l'una con l'altra ma soprattutto cosa c'entrano con questa materia: la risposta non esiste. Per far perdere tempo allo studente del primo anno, i piani alti dell'università di medicina hanno deciso di introdurre questo esame che, per fortuna, non è stato per nulla difficile. Era diviso in due parti da tenere in 2 diversi giorni, la prima consisteva su un esposizione a gruppi di studenti di un saggio riguardante gli studi medici che il prof ci aveva dato da leggere e la seconda su una tesina con argomento l'applicazione alla medicina delle conoscenze di fisica. Essendo un'idoneità e non un esame con voto, che tu andassi bene o che tu andassi male era assolutamente indifferente in quanto non avrebbe fatto media. Ricordo che quando dovetti esporre la mia parte (ero l'ultimo della mattinata), il prof. era così addormentato che mi stava interrogando a occhi chiusi.


Il giorno prima dell'esame tutta la mia famiglia andò al consueto pranzo domenicale a casa dei miei nonni Dino e Gisella; mi ricordo che quella volta fu particolarmente gioiosa perchè mia madre rese noto ai suoi genitori che era incinta del 4°figlio. Quella notizia accese l'atmosfera a tavola, c'era un'aria gioiosa che girava per la sala da pranzo. Alla fine del pasto, dopo un gustoso caffè, ci salutammo e tornammo a casa.


Verso l'una di notte, neanche 12 ore dopo, squillò il telefono. Mio padre si precipitò a rispondere ma ormai quel trillo aveva svegliato tutta la casa. Mio nonno si era sentito male e mio zio lo era andato a prendere a casa e portato subito in pronto soccorso; era proprio lui al telefono, invitando mio padre a raggiungerlo al più presto in ospedale. Mio padre si vestì e andò subito a vedere cos'era successo, lasciando promesso a mia madre che l'avrebbe chiamata appena avesse saputo qualcosa. 10 minuti dopo il telefono squillò nuovamente, era mio padre che riferì a mia madre la gravità delle condizioni di salute del nonno, poi la invitò a passarmi il telefono. 10 secondi dopo, mentre mia madre aveva già cominciato a vestirsi, mio padre con voce grave mi informò che il nonno Dino non c'era più.

venerdì 18 novembre 2005

STORIA A DISTANZA

Ti avevo desiderata per tutta la settimana. Ti avevo pensata, sentita nelle vene, ascoltata da lontano, osservata nella mia immaginazione, sognata durante il buio e la luce. Troppe parole erano state spese senza neanche poterti sfiorare, anche se a volte, durante quelle maledette telefonate, potevo sentire l'umido del tuo fiatare sulla pelle come se tu fossi stata accanto a me.


Ore 23:50. Ero lì, nella deserta stazione di Bologna, ad aspettare te. Era da poco che stavamo insieme ma la passione era già grande. Di quella sera mi ricordo nitidamente - che strana cosa - solo il tuo arrivo. Della successiva passeggiata per il centro di Bologna ho solo uno sbiadito ricordo di me e te mano nella mano. Quei 6 minuti che mi separavano dal vederti sono stati il preludio della felicità, paragonabili alla manciata di secondi che precedono il piacere orgasmico. In quei 6 minuti ardevo di fuoco, i miei occhi parlavano solo di te e il mio pensiero viaggiava verso il treno che ti portava lì da me, per poterti dire che ero lì che ti aspettavo. In quei momenti c'eravamo solo io e i binari, non si vedeva anima viva se non qualche magrebino in lontananza che aspettava qualcuno o qualcosa. E quella voce metallica registrata, ma quella sera suadente, "BOLOGNA, STAZIONE DI BOLOGNA. E' IN ARRIVO AL BINARIO 7 IL TRENO INTERREGIONALE 2.534 DELLE ORE 23:56 PROVENIENTE DA ANCONA", sembrava che annunciasse un evento fantastico, meraviglioso: io e te insieme per quella notte. Mi ricordo che quando vidi da lontano il treno che sferragliava verso di me il mio cuore era in fibrillazione, e ricordo anche che quando si fermò come un pazzo ti cercai con lo sguardo e poi... ti vidi. Neanche il miglior regista di film d'amore potrebbe immaginare una scena simile. Ci corremmo incontro, tu lanciasti la valigia per aria e ci abbracciammo sciogliendoci in un bacio appassionato. Poi cominciai a girare su me stesso mentre ti tenevo abbracciata e ti facevo volare, come possono fare 2 adolescenti ai primi amori. E poi via lungo i binari della stazione, saltellando come 2 bambini, trotterellando e facendone di ogni pur di manifestarci affetto l'un l'altro. Ogni 10 secondi un bacio, una carezza, poi una corsa lungo il binario 1, e poi ti raggiungevo e ti baciavo, ti prendevo in braccio e ti portavo via, poi ti facevo scendere e tu riscappavi e urlavi di felicità e io ti venivo dietro e urlavo anch'io e ti dicevo quant'eri bella e tu mi fissavi negli occhi e mi baciavi.


In quei 5 minuti la stazione di Bologna era diventata nostra.

martedì 15 novembre 2005

PILLOLA DI VITA N. 3

Un allievo di chirurgia d'urgenza, LL, mi chiese di coprirgli i turni per 2 giorni consecutivi; non che la cosa mi rompesse, solo che la ritenevo un pò strana. LL era un ragazzo del sesto anno e se dovessi indicare la persona più gentile ed educata che io conosca, lo metterei ai vertici della classifica. Il 2°giorno lo vidi in ambulatorio, accompagnava suo padre che da 30 giorni aveva frequenti episodi di vomito associato a dolore epigastrico; i medici di reparto decisero di ricoverarlo in attesa della TAC. Non avevo ancora letto la sua cartella clinica e ancora non sapevo quale fosse la diagnosi. Andai in sala per un intervento di colostomia poi tornai in reparto per leggere la cartella del papà del mio amico. 57 anni, con un pregresso infarto miocardico nel 1998, aveva eseguito ricerca del sangue occulto nelle feci e una gastroscopia di controllo per il perpetuarsi dei sintomi che accusava da circa un mese. Il sangue occulto era positivo, inoltre la gastroscopia aveva evidenziato una voluminosa neoformazione substenosante localizzata nel'antro gastrico. Allora mi fermai un attimo a riflettere, a contare quanti pazienti mi erano scorsi sotto agli occhi in quei mesi, quanti avevano un tumore e quanti non avevo più rivisto, ignorando completamente la loro sorte. Rimembrai tutti quei volti sofferenti, spettri di se stessi dei tempi che furono, comparse, nella mia vita, di cui faccio fatica a ricordare il nome e di cui invece, maledicendomi, ricordo solo il numero di letto ospedaliero. Mi tornarono alla mente tutte le volte che leggevo: "Cancro" nelle cartelle dei pazienti e, con un disumano distacco, andavo avanti a leggere come se quelli non fossero uomini. Pensai a mio padre, che poteva essere benissimo il prossimo, poi chiusi la cartella e andai a casa. Appena entrato, corsi dal mio vecchio e lo abbracciai con foga.


Il giorno dopo il padre del mio amico fu operato. Gli trovarono un grosso cancro dello stomaco con un quadro disastroso di carcinosi peritoneale e metastasi disseminate a tutto l'addome. Mi hanno raccontato che il mio amico era presente in sala operatoria mentre il prof. R., suo relatore per la tesi di laurea, gli elencava tutte le sedi di metastasi.

giovedì 3 novembre 2005

1 - ISTOLOGIA ED EMBRIOLOGIA (3° e ultima parte)

Dopo la seconda segatura ero a pezzi. Già avevo mille paranoie nella mia vita, non potevo aggiungerci anche quelle dell'università. Vedevo i miei colleghi che andavano avanti, che avevano già finito gli esami del semestre, invece io, come un purpettone, dovevo ancora passare il mio primo esame. Ero ancora immaturo, ero un ragazzetto che si dilettava a perdere il suo tempo davanti alla playstation al posto che studiare come si doveva. Mi ricordo che in quel periodo avevo perso la testa per Dave Mirra Freestyle BMX, un videogioco di evoluzioni in bicicletta, ci perdevo almeno 2-3 ore al giorno, ma il desiderio di giocare era così forte che anche quando studiavo il mio pensiero andava verso quella cazzo di BMX che doveva fare dei numeri da circo per poter essere il campione. Ma il campione di che? Il campione dei coglioni, ecco cos'ero. Alla seconda bocciatura mi imposi di non giocarci più, ed effettivamente ci riuscii. Tre anni più tardi, la sera prima dell'esame di epidemiologia, giocai per 4 ore consecutive a pro evolution soccer; dopo tutto quel tempo, rendendomi conto del tempo perso, rimasi allibito da cotanta stupidità e da quel giorno diminuii di molto le ore passate davanti a un videogame. Spostai infatti tutto il mio tempo libero davanti a un computer.


Dopo la seconda bocciatura non sapevo proprio come fare. In quel periodo conobbi una mia compagna d'università, Natascia. Lo so, chi legge in questo momento potrebbe pensare che, con un nome del genere, non poteva che essere una gran troiona (nel senso buono del termine). Invece la Nat era tutt'altro e, seppur fosse addirittura una modella e lavorasse nell'ambito delle discoteche come ragazza immagine, non se la tirava neanche un pò. Anche lei, come me, doveva ancora dare quel benedetto esame: era stata bocciata l'appello prima sulla spermatogenesi. Non so come successe, forse per un bisogno reciproco, ma un giorno cominciammo a studiare insieme e andammo avanti fino alla fine. Il 26 febbraio 2002 c'era il famigerato ultimo appello di sessione; non passarlo avrebbe significato rimanere indietro, troppo indietro, un margine incolmabile: avrebbe significato probabilmente la fine di medicina, sia per lei che per me. Non si poteva sbagliare, la tensione era palpabile e in più, si sa, i primi esami all'università sono caratterizzati dal terrore e da una frequenza cardiaca che sfiora il numero di sigarette della stecca che ti sei fumato durante la preparazione dell'esame. Quel giorno fummo interrogati solo in embriologia perchè eravamo in fondo alla lista d'iscrizione e la prof. d'istologia non fece in tempo a sentire proprio gli ultimi 4. Prendemmo entrambi un parziale di 19. Di quella sera ho il nitido ricordo di una ragazza bionda, bassina, che avevo conosciuto durante le prime settimane di lezione nelle poche occasioni in cui ero presente: il suo nome era Silvia. Aveva studiato così poco che nessuno di noi pensava che avesse una pur minima possibilità di passare l'esame; embriologia non l'aveva mai aperta, se l'era fatta spiegare da un mio amico la mattina stessa, eppure, incredibilmente, la passò con un misero 18 che non andava lontano dal nostro ben più sudato 19. Mentre io e la Nat stavamo fumando una paglia ormai consapevoli di essere interrogati la mattina seguente, Silvia si avvicinò a noi con il viso completamente deformato dal terrore e dallo stress, con una sigaretta tra le dita che riusciva a fumare a malapena. "Cioè, ragazzi, ho avuto un culo... ma istologia non la passo neanche se la lecco alla prof." Poverina, non sapevamo come incoraggiarla. Poi continuò: "L'unica possibilità che ho di passare l'esame è che mi chieda la cute. E' l'unica domanda a cui non farei scena muta perchè almeno l'ho letta". Aveva una probabilità bassissima che potesse chiederle proprio quello, tutti e tre in quel cerchio di fumatori ne eravamo perfettamente consapevoli. Quando Silvia venne chiamata dalla prof, io la vedevo da fuori dell'aula perchè non riuscivo a starci dentro per la tensione accumulata durante il giorno. Ero convinto che sarebbe stata segata nel giro di 1 minuto, giusto il tempo di guardare dentro all'obbiettivo del microscopio, osservare un vetrino assolutamente  sconosciuto e tentare la sorte sparando una risposta a caso, con una probabilità troppo bassa di azzeccarci.


Dovete sapere che l'unico tessuto che si riconosce da lontano un chilometro è la cute: proprio quello che capitò a Silvia quella sera di febbraio. La vedevo contenta per aver riconosciuto il vetrino, poi farsi piccola alle sempre più precise domande della prof. Sentivo indistintamente lo stridio delle unghie di chi si sta arrampicando sugli specchi nella remota speranza di farcela. Quel rumore continuò per 30 minuti ma alla fine Silvia ce la fece: 18. Non ci credevamo noi, non ci credeva neanche lei. Non potevo immaginare che quella ragazza in futuro avrebbe avuto un ruolo chiave nella mia vita.


Il giorno dopo, appena mi sedetti su quella rovente sedia, ero quasi in trance. Ero in una condizione psico-fisica disastrosa. In quei momenti, in cui la prof decide il vetrino e te lo mette a fuoco nel microscopio, passa di tutto nel tuo cervello devastato da giorni di studio intenso. Pensi al momento maledetto in cui hai scelto di fare medicina, ti tiri degli accidenti perchè potevi fare molto di più nei mesi addietro e invece hai preferito dilettarti nell'arte del cazzeggio, immagini tra 30 minuti che umore avrai, cerchi di indovinare se la prima riga nel tuo libretto continuerà a essere vuota o ci sarà un qualsiasi numero da 18 a 30 che sia. Poi, quando guardi nel microscopio e non hai la più pallida idea di che cazzo di tessuto possa essere, ti senti una merda e cerchi di fare il calcolo delle probabilità di passare l'esame sparando una risposta a caso. NO. 30 secondi dopo aver posto l'occhio sull'obbiettivo, raccogli tutte le tue energie residue e ti dici: "No, non verrò segato anche questa volta". Alzi lo sguardo, fissi la prof nelle palle degli occhi e gli spari: "E' tessuto muscolare". Poi ti arrampichi sugli specchi scalati da una tua collega la sera prima, facendo quegli stridii che non ti sembrano più così fastidiosi. Dopo 30 minuti ti senti dire: "18, non di più", ti alzi dalla sedia a cui ti eri incollato nella mezz'ora precedente, fissi la prof mentre dentro provi amore e odio per lei, trattieni la commozione dopo 2 mesi passati a studiare, firmi il registro, provi un sentimento orgasmico quando vedi la penna che scrive su quella prima riga, poi vai fuori e ti senti completamente vuoto, leggero. Avevo superato il mio primo esame.


Anche la Nat ce la fece (19), e quando uscì fuori urlammo insieme nel giardino adiacente agli isituti anatomici. Quel giorno avevamo cominciato la nostra carriera insieme, ma quella della mia amica si interruppe qualche anno dopo, quando lasciò medicina perchè non ce la faceva a reggerne i ritmi.


Avevo inaugurato il mio libretto con un 18. "Che vergogna", pensai. Ancora non sapevo che sono come un vecchio motore diesel: per partire ci mette un'eternità, ma una volta che si mette in moto non si ferma più.

sabato 29 ottobre 2005

ABOUT ME

Mi sono reso conto che una persona che legge questo blog può pensare che io sia un pazzo fanatico che pensa solo all'università. Nulla di più errato. Nella mia vita la medicina occupa una fetta importante, è vero, ma non sono una secchia, mai lo sono stato e mai lo sarò. Tanti bloggers partono a scrivere un diario personale senza presentarsi minimamente; allora, per capire come prima cosa se è un maschio o una femmina, cominci a leggere dal primo post, e non ci cavi un ragno dal buco. Poi vai avanti a leggere, capisci il sesso del blogger, ma non sai cosa fa nella vita, quanti anni ha e dove vive.


5 minuti fa volevo scrivere qualcosa su di me, ma ora non ne sono tanto sicuro. Il bello di tenere un diario online è affascinare il lettore con i propri pensieri. In questo modo esso va avanti nella lettura, sennò passerebbe ad altri blog più interessanti. Se volete scoprire chi sono, quindi, leggete.

mercoledì 26 ottobre 2005

LEGGENDE UNIVERSITARIE

Copio e incollo da un blog che ho trovato stasera per caso alcune divertentissime gag universitarie.. Alcune penso siano successe sul serio.


Il docente consegna allo studente una lampadina e gli domanda:
"Quanto consuma?". Lo studente legge le scritte sulla lampadina e dice "60 Watt."
Il docente allora gli dice: "No, in mano sua non consuma proprio un bel niente.
Ritorni la prossima volta."
Attribuita a un docente di Elettronica del Politecnico di Torino.

Esame di anatomia, scena muta sugli organi genitali femminili. Il professore, sadicamente, dice con disprezzo allo studente:
"Guardi, le do 20.000 lire, lei stasera tardi va nella zona del porto e vedrà quante signorine le spiegano volentieri queste cose..."
Lo studente incassa (in tutti i sensi) e torna all'appello successivo.
Conquistato un soffertissimo 18 e firmato lo statino lo studente mette 10.000 lire in mano all'incredulo professore, commentando: "Sua moglie prende di meno."
Accaduta a: Genova, facoltà di Medicina. Una variante è attribuita anche al professor Trevisan, Analisi per Ingegneria, Università di Padova.

Professore: È in grado di dirmi quale organo dei mammiferi riesce, una volta eccitato, a raggiungere dimensioni pari a sei volte le dimensioni dell'organo a riposo?
Studentessa (nota appartenente a C.L.) (arrossendo terribilmente):
Non saprei...
Professore: Non lo sa proprio? Ci pensi, non è difficile!
Studentessa (sempre più a disagio): Non mi viene in mente niente...
Professore: Su, pensi alla vita di tutti i giorni...
Studentessa (in grave imbarazzo): Beh...
Professore: Forza signorina, si butti!
Studentessa: Il pene?
(Scoppia un boato nell'aula)
Professore (calmissimo): Complimenti a lei e al suo fidanzato, signorina. Comunque l'organo è la pupilla.
Riferita come raccontata da due persone che all'epoca dei fatti
(primi anni '90) erano assistenti di un docente alla facoltà di Biologia
a Milano.

Si racconta di un professore con l'abitudine di usare un intercalare piuttosto volgare durante le lezioni. Un giorno le ragazze che seguivano il suo corso, esasperate, si misero d'accordo per uscire in blocco dall'aula alla prima parolaccia che il professore avesse pronunciato; i ragazzi, però, vennero a conoscenza della cosa e riferirono tutto al professore. Così il professore il giorno dopo entrò in aula dicendo:
"Ho visto fuori dalla porta un elefante con un cazzo lungo così!".
Immediatamente, come d'accordo, le ragazze si alzarono e fecero per andare verso la porta, ma lui le bloccò dicendo: "Non correte, è già andato via..."
Attribuita al professor Paolo Silvestroni, autore del famoso testo di Chimica Generale.

Esame di Fisica:
Professore: "Mi parli della Legge di Gravitazione Universale"
Lo studente comincia a riempire la lavagna di formule, quando ad un tratto il professore raccoglie i libri e il libretto dello studente e li getta dalla finestra, commentando:
"Bene, secondo quello che ha scritto, adesso dovrebbero tornare su da soli!"
Modena, facolta' di Ingegneria

Esame di Analisi:
Una studentessa molto carina, truccatissima e vestita in maniera MOLTO disinibita, sostiene l'orale di Analisi I. Una volta registrato il voto, la studentessa con aria da diva, si accende una sigaretta in aula e fa per andare... Il professore, mentre la sudentessa fa per alzarsi, esclama: E come disse Enea salpando "ti saluto Troia fumante"!!!
Modena, facolta' di Ingegneria


Esame di Citologia:
Professore: Mi dica, giovanotto, qualcosa del tessuto vaginale.
Studente: Il tessuto vaginale è cigliato e...
Professore: Mi scusi, ma ne è sicuro?
Studente: Sì è cigliato!
Professore: Non ricorda neppure un proverbio che ho citato al riguardo?
Studente: Ma veramente...
Professore: La devo bocciare, ma si ricordi: dove passa il treno non cresce l'erba.
Sentita a Parma, Facoltà di Medicina e Chirurgia
. (e anche il mio prof. di anatomia l'ha ricordato a lezione)

Una giovane e bella studentessa va alla lavagna per sostenere l'esame di Idraulica.
Il professore le dà un gesso in mano, quindi dice: "Bene, signorina, dunque, vediamo un po'... Ecco, sì, mi faccia una pompa!".
L'aula esplose di applausi...
Sentita a Genova.

Si racconta che durante una lezione di chimica un professore sia entrato in laboratorio con in mano un barattolo pieno di piscio dicendo:
"Due buone qualità per un chimico sono ingegno e concentrazione. L'ingegno vi potrebbe far scoprire che un metodo semplice per scoprire la presenza di zuccheri nelle urine e' assaggiarle". Detto questo mette un dito nel piscio e poi lo lecca. "Qualcuno vuole provare?" Uno studente che non crede che quello sia piscio ci mette dentro il dito e lo lecca, sentendo che era proprio piscio. Alché il professore continua: "La concentrazione invece vi potrebbe far scoprire che ho immerso il medio e ho leccato l'indice."


C'e' un professore di non so quale materia (anatomia forse..) che si diverte a mettere in imbarazzo le studentesse. A una ragazza chiede: "Cos'e' quella cosa che lei ha e io no... che lei sa usare bene
e io no... da cui trae piacere e io no...".
La ragazza : " Il cervello..."
sentita a: Medicina a Novara


Durante una lezione alla Facoltà di medicina, il professore sta tenendo una affollata lezione sulla composizione chimica dello sperma umano. Dopo aver illustrato che nella composizione è presente del glucosio una ragazza alza la mano per una domanda:
"Mi scusi professore: lei sta dicendo che nello sperma umano c'è dello zucchero. Bene, ma se c'è dello zucchero, come mai non è dolce?"
Dopo un momento di silenzio l'aula intera scoppia in una fragorosa risata che dura parecchi minuti. La ragazza, paonazza, raccoglie tutta la sua roba e scappa dall'aula.
Il professore dopo un pò dice: "Lo sperma non è dolce perchè le papille sensibili al dolce sono sulla punta della lingua e non dietro, vicino alla gola."

1 - ISTOLOGIA ED EMBRIOLOGIA (2° parte)

Com'era difficile. Il primo esame non si scorda mai. Mi trovavo a studiare cose che non avevo mai affrontato minimamente alle superiori. L'esame si componeva in 3 parti (citologia, istologia, embriologia), era orale e si doveva passare 2 prof. La citologia è lo studio della cellula, cioè la sua struttura e i suoi organelli, l'istologia è lo studio dei tessuti, l'embriologia è lo studio dello sviluppo dell'embrione. Quando studiai come si forma un essere umano, non ebbi più dubbi dell'esistenza di un'entità superiore alla nostra chiamato comunemente "creatore". E' un meccanismo così perfetto, calcolato e preciso che fa rabbrividire; ma ci pensate? Da una cellula si forma un organismo, cioè un'insieme di vari tessuti diversi! Da una cellula...


Una riflessione sull'embrione, sul feto e sull'aborto



Sull'embrione (dal concepimento all'8° settimana)


La biologia dimostra che la vita di un nuovo essere umano inizia nel momento della fecondazione, ossia nella fusione tra lo spermatozoo del maschio e l'ovulo della femmina. L'unione di 23 cromosomi del gamete maschile con 23 cromosomi del gamete femminile produce una nuova cellula di 46 cromosomi. «Questa cellula viene chiamata zigote; essa contiene un nuovo codice genetico, che produce un individuo differente dal padre e dalla madre e da ogni altra persona nel mondo». Ciò avviene dalle 12 alle 18 ore dopo il rapporto sessuale.



Il bimbo appena concepito ha il proprio patrimonio genetico, distinto da quello del padre e della madre. Sul piano biologico, lo zigote non è affatto un essere impersonale, ma è lui o lei in miniatura, poiché la sua monocellula è maschile o femminile. Lui o lei è già un essere umano nuovo, unico e completo.


Unico, perché non è mai esistito in passato e non esisterà mai più in futuro un essere identico a lui. Come affermano i medici Landrum Shittles e David Rorvik, «il concepimento conferisce la vita rendendola una vita unica nel suo genere».

Completo, perché il codice genetico (genotipo) dello zigote contiene l'informazione su tutte le caratteristiche del nuovo essere umano: statura, colore degli occhi, dei capelli e della pelle, eccetera. «Il genotipo - ossia le caratteristiche ereditarie di un essere umano unico -  è stabilito al momento del concepimento e resterà in vigore durante tutta la vita del nuovo individuo».

Se dunque la cellula fecondata è già un individuo umano, essa è già anche una persona umana, sebbene le sue facoltà spirituali non siano ancora sorte, forse per il fatto che l'anima non è ancora giunta a costituire la spiritualità umana. In una visione corretta della persona, infatti, l'anima non può essere contrapposta dualisticamente al corpo, ma i due elementi dell'essere umano devono essere considerati come indissolubili. Non è quindi possibile distinguere l'individuo dalla persona, immaginando uno zigote che non sia ancora essere umano; l'inizio della persona umana deve coincidere con quello della vita biologica. 


Questa nuova cellula non è solo un abbozzo di uomo?

Questo paragone è diffuso fra gli abortisti ma è evidentemente assurdo. Un abbozzo è solo un progetto architettonico, fatto su cartone, che da solo non si trasformerà mai in una casa o in un'altra struttura, per quanto lo si possa perfezionare. Per contro, il feto si svilupperà autonomamente fino a nascere e a diventare un uomo adulto, se non viene abortito. Dunque, distruggere un abbozzo non è la stessa cosa che distruggere un edificio; invece, distruggere uno zigote equivale ad uccidere un essere umano già esistente.


 


Sul feto (dall'8°settimana in poi)




 


All' ottava settimana il cuore già batte da più di un mese, cominciano ad esserci le ramificazioni bronchiali, i bronchioli; gli occhi sono a metà del loro sviluppo; le dita di mani e piedi sono già entità separate tra loro, cominciano a formarsi i dentini, il fegato è già formato per il 10%, si comincia a sviluppare il midollo osseo e continua lo sviluppo della sostanza grigia del cervello, cioè i neuroni veri e propri. Il feto ha già i quattro arti e misura 4cm dalla testa al bacino. All'ottava settimana il bimbo comincia a muoversi.


Alla decima settimana si formano l'iride e le ghiandole lacrimali. Inizia l'attività escretrice del rene, si forma la vescica. Si formano i primi centri di ossificazione nelle diafisi delle ossa lunghe.





 


Alla dodicesima settimana il feto è lungo 8 cm dalla testa al bacino, pesa 45gr. Avviene la formazione dell'ugola. Nei denti decidui si formano la papilla dentale e lo smalto. Compare l'abbozzo dei denti permanenti. Inizia la produzione della bile, continua la formazione di pancreas e intestino. I genitali esterni si differenziano in base al sesso.



 


 


Sull'aborto


La legge italiana dice che è possibile abortire fino a 90 giorni dal concepimento (tra la 12° e la 13° settimana)


Come viene praticato l'aborto mediante aspirazione?  Nel metodo mediante aspirazione, l'orifizio esterno del collo uterino viene progressivamente allargato; una cannula vuota viene introdotta all'interno dell'utero, allo scopo di estrarre il nascituro mediante aspirazione, espellendolo all'esterno. Questa aspirazione è prodotta da un apparecchio simile all'aspirapolvere domestico, ma molto più potente. La morte del nascituro viene provocata smembrandogli le braccia e le gambe. I resti fetali vengono trasformati un una marmellata sanguinolenta. Questo è il metodo più frequentemente usato. 


Come viene praticato l'aborto mediante raschiamento?  Nel metodo di dilatazione e raschiamento, un lungo strumento, la cui estremità forma un affilato cucchiaino, viene introdotto nell'utero per raschiarne le pareti eliminandone così il contenuto. Questo metodo, a volte aiutato dall'aspirazione, viene utilizzato per curare chirurgicamente le emorragie delle donne non gravide. Esso quindi non è di suo abortivo.



Fui segato anche al 2°appello alle 19:20 di sera, dopo 11 ore di attesa. Passai embriologia con 18 (mi chiese la terza settimana, la più difficile), poi mi segò la prof. di istologia e citologia sul tessuto connettivo, dopo 10 minuti di interrogazione in cui me la stavo cavando.


Voleva sapere quanto sono lunghe in Angstrom le fibre collagene.



 


sabato 22 ottobre 2005

PILLOLA DI VITA N. 2

La rotatoria provvisoria dell'incrocio via Emilia - Nuova Estense è così ben fatta che, il giorno dopo la sua inaugurazione, ci fu un gravissimo incidente in moto in cui furono coinvolti padre e figlio 15enne. Trasportati tutti e due al Policlinico, il primo morì in pronto soccorso, il secondo, grave, fu ricoverato in rianimazione. Il ragazzo rimase incosciente per tutta quella sera e la mattina successiva. Il pomeriggio si svegliò. Nessuno gli aveva ancora detto del padre. In rianimazione una radio locale gracchiava musica senza senso, poi alle 16 venne l'ora del consueto radiogiornale. La prima notizia era proprio quella dell'incidente successo la sera prima, e così il giovane venne a sapere che il padre non c'era più. Senza parole.

PROBLEMI ESISTENZIALI

Tutti hanno un tallone d'Achille: c'è chi non è abbastanza intelligente da riuscire a studiare, c'è chi è così brutto da essere preso in giro in continuazione, c'è chi non ha sostegno dagli amici perchè è fondamentalmente un pezzo di merda, c'è chi è stato abbandonato dalla famiglia per svariati motivi, c'è chi non riesce a campare col proprio stipendio, c'è chi ha la moglie o la fidanzata che lo tradisce. Il mio tallone d'Achille è l'amore. Sono un ragazzo carino (o almeno così dicono in molti), intelligente, con una brillante carriera da chirurgo davanti, una famiglia che mi vuole bene e mi sostiene, tanti amici che mi stanno affianco. Insomma non mi manca nulla a parte una cosa, che per me è la cosa più importante e senza di essa mi sento incompleto: una donna. Consideratela come volete, una fidanzata, una scopata e via, un'avventura. Mi manca perchè non sono in grado di trovarmela, non riesco a impezzare le ragazze, c'è qualcosa che mi frena e queso problema condiziona tutta la mia vita, rendendo vani tutti gli sforzi che faccio in altri campi che non siano quello dell'amore. A cosa serve provare ad affermarsi nella vita se non hai una donna di fianco? Mi sento incompleto e vorrei trovare la mia metà. Voglio responsabilizzarmi, voglio convivere con lei, diventare papà, formare una famiglia. Eppure tante ragazze continuano a preferire lo sfigato di turno con tanti soldi e cervello zero, solo perchè sono più stronzi di me e fanno cadere le loro prede nella loro rete. Le scopano poi le mollano. Vorrei essere come loro ma non ci riesco. Non sono così cinico, e non lo sarò mai. Perle di malinconia alle 3:45 dopo una festa di laurea in cui non sono riuscito a rimorchiare nessuna. Mi vergogno di me stesso.

venerdì 21 ottobre 2005

PILLOLA DI VITA n. 1

Quel pomeriggio ero reperibile in chirurgia. Non so perchè quel giorno fossi malinconico, forse per quel cielo coperto che da qualche giorno persisteva in quelle fresche giornate autunnali, ma era una malinconia di quelle positive, di quelle che servono per riflettere sulla vita. Erano le 14, il mio telefono squilla allegramente; leggo sul display "Chirurgia d'urgenza" e capisco che quel pomeriggio di inizio ottobre non lo passerò a casa, non lo passerò per strada, non lo passerò in un posto qualsiasi. Rispondo, è lo specializzando di reparto: "Tra 20 minuti in sala". Caffettino veloce, poi prendo lo scooter e mi dirigo al Policlinico fischiettando "Piccola stella senza cielo" del Liga: ero contento, mi piace andare in sala operatoria. Salgo i 5 piani di scale che mi separano dal mio armadietto, mi infilo il camice, torno al 1°piano, mi cambio e mi metto in verde, sala 4, il paziente è già nella saletta adiacente. E' un signore di circa 70 anni che era stato ricoverato per una massa addominale palpabile. La TAC aveva evidenziato una massa di circa 11cm di diametro a contenuto probabilmente liquido - semiliquido; il paziente aveva l'emoglobina che era scesa a 7 ed era stato precedentemente trasfuso. Mi lavo con lo specializzando, prepariamo insieme il campo operatorio, poi arriva il prof. E' il momento che amo di più: laparotomia esplorativa significa un taglio da poco sotto lo sterno fino a qualche cm sotto l'ombelico. Bisturi a lama, poi bisturi elettrico, cute, sottocute, fascia muscolare, poi l'ultima barriera che protegge il nostro addome: il peritoneo. Una leggera incisione col bisturi, un pò di sangue, lo specializzando che esclama: "Ha un emoperitoneo!". Neanche il tempo di staccare il bisturi dall'addome che tutto il campo operatorio viene sommerso: la massa era una membrana contenente sangue. Fuoriesce di continuo, cola giù dal letto operatorio fino a sporcare i nostri zoccoli. Una scena che non scorderò mai: più di un litro di sangue in addome.. Pazzesco. Usato l'aspiratore, il prof. va a cercare la causa dell'emoperitoneo. Carcinoma ileale di grosse dimensioni. CANCRO. Morte molto probabile. Resezione ileale, anastomosi latero-laterale, accurata emostasi.


Mentre il prof. si accinge a richiudere l'addome, mi accorgo che in sala c'è la radio accesa. Passa una canzone che conosco bene, una canzone che qualche ora prima aveva un significato diverso: piccola stella senza cielo.

domenica 16 ottobre 2005

1 - ISTOLOGIA ED EMBRIOLOGIA (1° parte)

Alle elementari, su una classe di 16 alunni, in matematica spiccavano due bambini: un moro e un biondo. Essi facevano a gara a chi finiva prima le operazioni in colonna assegnate dalla maestra in classe. Erano senza dubbio i più veloci tra quei 16, e in quegli anni nacque una splendida amicizia tra loro. Tutti e due sognavano di diventare un giorno dottori, e si promisero di fare l'università assieme una volta diventati grandi.


Il moro ero io, il biondo era Nick. Nick, un amico su cui so di potere sempre contare. Sono 18 anni che ci conosciamo, abbiamo affrontato elementari e superiori nella stessa classe, ben 10 anni insieme. Ma non solo: quella promessa di tanti anni fa venne mantenuta. Ci conosciamo così bene che basta uno sguardo, una mezza parola, un segno per intenderci appieno. Siamo diversi ma anche uguali. Con lui ho l'amicizia a cui tengo più in assoluto. A scuola è sempre stato più bravo di me e lo è anche ora all'università, ma quella volta, al test d'ingresso, lo superai. Mi vennero in mente tutte le volte che, chino su quei fogli a quadretti 5mm a fare decine di operazioni in colonna, sentivo di fianco a me una voce ancora infantile, una voce simile a quella di Paperino per via dell'apparecchio per i denti, una voce che esultava. Aveva finito ancora una volta prima di me quelle maledette operazioni.


L'impatto con l'università fu devastante, tanto che alla fine del primo anno, quel maledetto 30 settembre 2002, caddi inevitabilmente in una depressione assoluta. Fu il cambiamento a sconvolgermi: mio padre che mi svegliava alle 7 del mattino, io che rimanevo a letto fino alle 7.30, poi infilati i primi vestiti che trovi nel marasma della tua camera, corri giù a mangiare un boccone e beviti un bella tazzona di latte con Nesquik, prendi il motorello, brucia tutti i semafori e fatti i 3 km che ti separano dalla scuola in meno di 5 minuti, copia la versione che c'era per oggi ma tu non hai fatto perchè ieri hai cazzeggiato tutto il giorno, cagati addosso quando la prof. di fisica prende il registro fatidico e il suo dito unto e scheletrico passa di fianco al tuo cognome, fai il vegetale mentre interroga le altre persone (io ero un faggio, un mio amico una quercia), prendi il caffettino al cambio d'ora, continua a vegetare alla seconda ora, poi intervallo, fumati una paglia in cortile e fai due ghigne con gli amici, torna in classe, vegeta fino alla quinta ora, poi giassai, sguardo con Mastro e cioccolata alla macchinetta per reggere l'ultima ora di filosofia senza stramazzare sulla sedia mentre la prof. tenta di spiegare la critica della ragion pura di Kant. Torna a casa, mangia, simpson in tv, fai i compiti scritti e studia se hai un'interrogazione domani, esci, fatti una partita a magic, torna a casa, mangia, filmettino o telefilm del momento su italia 1 e poi vai a letto. Tutto questo non c'era più.


Alzati all'ora che vuoi, vai a lezione se ne hai voglia, cazzeggia il più possibile quando non hai esami, spaccati con i tuoi amici finchè le tue finanze te lo permettono, non avere regole. Non avevo capito cos'era medicina, non avrei retto se avessi continuato così.


A medicina le sessioni d'esame sono: gennaio-febbraio, giugno-luglio, settembre. Questi 5 mesi non vivi, gli altri 7 (a parte agosto) sono a tua discrezione, dipende da quanto vuoi essere un bravo studente. Io non ero un bravo studente all'epoca, e pagai a duro prezzo questa mia negligenza.


Cominciai a studiare tardissimo e male, il 4 gennaio 2002, per l'esame del 14 gennaio. Lo studiai con Nick. Lui promosso con 24 e io bocciato. Mi chiese il tessuto osseo e io feci quasi scena muta. Da allora cominciò il calvario esauritosi solo il 2 ottobre 2003, quando riuscii a uscire dall'abisso nel quale lentamente ero scivolato. Avevo cominciato nel peggiore dei modi l'avventura verso il fatidico pezzo di carta.


[continua]

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