lunedì 27 febbraio 2006

RIFLESSIONE

Cominciai il mio percorso formativo all'età di 5 anni. Il 21 settembre 1988 mi apprestai a partire negli studi: era il primo giorno di scuola delle elementari. Oggi è il 27 febbraio 2006. Sono passati 17 anni, 5 mesi e 6 giorni. Se tutto va come previsto, mi dovrei laureare verso la fine di luglio 2007. Se riesco a entrare in specialità, dovrei finire la mia carriera scolastica nell'ottobre 2013. Ciò significa che mancano ancora 7 anni e mezzo alla fine e che avrò fatto ben 25 anni di studio. Prima di guadagnare i primi soldi (con le borse di studio), dovranno ancora passare 2 anni e mezzo. Nel 2013 avrò 31 anni e non avrò ancora un posto di lavoro. Dovrò fare un concorso che strariperà di gente perchè di chirurghi ce ne sono troppi, forse dopo 2 anni riuscirò a trovare un posto con un colpo di culo. Allora avrò 33 anni.


Medicina è difficile non tanto per i suoi esami quanto per la sua lunghezza. Dodici anni di studio sfibrerebbero chiunque. Mi chiedo, a questo punto, chi me l'ha fatto fare. Quando vedo tanti miei coetanei già stipendiati che si danno alla pazza gioia mentre io faccio fatica a farmi bastare quei miseri 30 euro che la mia famiglia mi passa settimanalmente, mi accorgo che sto passando gli anni della giovinezza come non vorrei. Quando si avvicinano le vacanze estive e so di non avere un centesimo in tasca mi viene male. La soluzione sarebbe trovarsi un impiego part-time, ma lavorare e studiare è molto difficile, quasi impossibile se si calcolano le lezioni e i tirocini obbligatori che ti occupano la maggior parte della giornata; così sono stato costretto a fare una scelta: non studiare lavorando e laurearsi in ritardo bensì laurearsi in 6 anni sacrificando una buona fetta di divertimento. Avrei voluto andare a vivere da solo, andare in vacanza all'estero, magari fare l'esperienza dell'Erasmus. Invece mi trovo rinchiuso in una gabbia in cui sono voluto entrare da solo.


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Tutta questa riflessione è nata dalla visione del video dei due pattinatori cinesi Zhang Dan & Zhang Hao nella gara a coppie nell'esercizio libero (scaricabile dal link ed2k presente nei commenti). Consiglio di guardare la loro esibizione che è già entrata di diritto nella leggenda olimpica. Mi sono chiesto come sarebbe cambiata la mia vita se avessi scelto una carriera da pattinatore. Se avessi rovinato anni di allenamenti in un secondo facendo cadere la mia partner a 5 secondi dalla fine dell'esibizione, se avessi creduto comunque in una medaglia dopo una rovinosa caduta della mia partner con inclusa una gran botta al ginocchio che le impediva di continuare, se avessi pattinato divinamente con in sottofondo una soave musica di un famoso violinista che avrebbe suonato per me mentre il pubblico mi innalzava al titolo di zar. Chissà come sarebbe andata.

martedì 21 febbraio 2006

COLECISTI IN VIDEOLAPARO

Premessa: uno strumento usato durante la videolaparoscopia è l'aspiratore-spruzzatore, cioè un aggeggio che aspira liquidi e spruzza acqua. Perchè si possa spruzzare acqua con getto sufficientemente potente, è necessario un sistema a pressione che deve essere mantenuta tramite lo schiacciamento ritmico di una pompetta simile a quella dell'apparecchio per misurare la pressione che tutti hanno a casa (sfigmomanometro). La pompetta deve essere schiacciata in maniera ripetuta dall'ausiliario/a di sala operatoria. Quando l'acqua non è sufficientemente a pressione, in gergo si dice che è "piscio".


La perla di stasera appartiene al Prof. R durante una colecisti in videolaparoscopia:


"MA NON ESCE ACQUA DA QUA!!! NON ESCE UN CAZZO!!! SIGNORINA, L'ASPIRATORE STA PISCIANDO!"


La giovane ausiliaria di sala si precipita verso la pompetta.


"SU SIGNORINA, POMPI!!". Il doppio senso era evidente ma inizialmente tutti ci riuscimmo a trattenere. Ma il prof rincarò la dose: "SU SIGNORINA, POMPI DI PIU'!!" E già qua scoppiammo a ridere, e il prof finì con: "SE E' STANCA PUO' CAMBIARE MANO". A quel punto l'ausiliaria è diventata bordeaux e le persone presenti si sono letteralmente sganasciate dalle risate.

domenica 19 febbraio 2006

9 - ANATOMIA UMANA II (1° parte)

La sessione d'esame invernale del 2003 fu un disastro completo. Dopo inglese, cominciai con chimica, passai lo scritto per puro caso e non mi presentai all'orale, o meglio, mi presentai ma al momento di essere interrogato chiesi di andarmene. Mi buttai su anatomia II, con la forza della disperazione di chi sa che per passare il blocco del 2° anno deve compiere un autentico miracolo.


Come ho scritto nel post "8 - INGLESE III", in quei tempi avevo cominciato a frequentare i ragazzi di CL - Student Office e ad andare alle consuete riunioni settimanali. Le prime a cui partecipai mi colpirono profondamente: leggendo alcuni passi dei libri di Don Giussani, partiva un dibattito sull'argomento del giorno al quale poteva partecipare chiunque avesse voluto. Si facevano discorsi molto profondi e io ero stupidamente affascinato da tutto ciò che rappresentava una completa novità per il mio Io, affamato a quei tempi di discorsi semifilosofici sulla vita. Così, senza che me ne rendessi conto, mi ritrovai completamente invischiato nell'accoppiata CL - Student Office e, visto che erano ormai prossime le elezioni studentesche, l'Agnese mi candidò per la rappresentanza degli studenti in Consiglio di Laurea e di Facoltà. "Così facciamo numero, non ti preoccupare se poi non puoi venire ai consigli" mi aveva convinto lei. Oltre ad Agnese, c'era una ragazza del 5° anno (Miss 30 e lode) che mi aiutava nello studio dell'anatomia, ma comunque non assimilavo nulla di quello che mi spiegava! In uno di questi incontri con Miss 30 e lode venne anche Silvia, quella ragazza di cui ho raccontato l'esame di istologia. Alla fine della lezione, durante la quale Miss 30 e lode ci aveva cagnato in continuazione, decidemmo di non partecipare più ad alcun incontro con lei.


Andai all'esame impreparato come non mai. Dovevo tentare però, era l'ultimo appello di febbraio, non potevo buttare via l'ultima possibilità di dare almeno un esame di sessione. Partii con microanatomia: l'esame consisteva nel descrivere 3 vetrini su foglio protocollo, poi integrare lo scritto con l'orale dopo circa mezz'ora; naturalmente, non poteva mancare anche l'interrogazione di macroanatomia con un'altra prof. Cominciai a guardare negli obiettivi dei 3 microscopi che avevo davanti, ma non ci capii una mazza di niente. Provai a scrivere qualcosa a caso sul foglio e a indovinare i 3 vetrini, ma non sapevo proprio un cazzo (detta come va detta). Finito lo scritto, passai alla correzione e all'interrogazione orale. Letto ciò che avevo scritto, il mio prof storse il naso tanto da fare quasi un giro di 90 gradi, poi mi fece una domanda davvero gnocca sugli enterociti. Scena muta. Poi toccai il fondo: davanti a tutti i miei compagni di corso, il prof esclamò a gran voce: "SCUSI SA, LEI NON PUO' VENIRE QUI A FARE IL KAMIKAZE". Gelo. Il tempo si fermò. Tutto diventò di ghiaccio attorno. Mi caddero le braccia, e quel minimo di orgoglio che avevo cadde a terra fracassandosi in mille pezzi, facendo un frastuono fragoroso, come una tavolata di bicchieri di cristallo che cade in una stanza ampia e vuota. Avevo studiato più di un mese, ma lo avevo fatto male.


Era andato tutto male. Malissimo. Marzo lo passai a crogiolarmi nell'autocommiserazione, aprile a studiare per l'appello straordinario di maggio di fisiologia I che, manco a dirlo, non passai. Quello fu il capolinea della mia diastrosa vita universitaria al biennio. Avevo 9 esami da dare in 3 mesi per poter passare l'anno: un'impresa impossibile. In quell'anno e mezzo non avevo combinato davvero un tubo, avevo fatto pietà. Decisi, quindi, che l'esame di anatomia del 3 giugno 2003 sarebbe stato l'appello della verità: o ce la facevo, o mollavo medicina. Solo un miracolo avrebbe potuto salvarmi, ma in fondo l'avevo già conosciuta. Il miracolo si chiamava Silvia.

giovedì 16 febbraio 2006

CASO CLINICO

Un ragazzo 23enne, studente di medicina, durante la serata di domenica viene colpito da forte dolore in corrispondenza dell'emiarcata dentale inferiore destra per lo spuntare del 3° molare ("dente del giudizio") che provoca una flogosi importante del circostante tessuto gengivale con difficoltà nell'apertura del cavo orale e quindi conseguente difficoltà ad alimentarsi. Il dolore, esacerbatosi durante la breve notte di sonno (4 h) a causa di lieve bruxismo dovuto ad agitazione psichica per l'imminente esame di giovedì, diviene un ostacolo abnorme per il proseguimento dello studio. Viene lenito quindi con uso di FANS (Nimesulide) con dose di 100 mg x 2v/die. Mercoledì notte alle 5 il ragazzo, svegliato da un dolore atroce, non trovando nulla di dolce in dispensa per l'opera di razziamento compiuta dai fratelli più piccoli, è costretto a mangiare un toast alla mortadella per diminuire la gastrolesività da FANS. Mercoledì sera, assunto il Nimesulide per os dopo il pasto a causa di forte cefalea insorta per il dolore, avverte inoltre una discreta gastralgia. Giovedi mattina (giorno dell'esame orale), svegliatosi con forte dolore, è indeciso se assumere o meno il FANS, ben sapendo che è il principale responsabile della gastralgia della sera precedente.


E' da tenere presente che: 1) il ragazzo, fortemente agitato e nervoso, ha paura di una possibile forte cefalea accompagnata a dolore durante l'interrogazione orale 2) il ragazzo soffriva già di gastralgia, seppur minore, da circa un mese, per forte nervosismo, elevato numero di caffè giornalieri, elevato numero di sigarette fumate 3) 10 giorni prima aveva avuto un attacco di extrasistoli, durato circa un minuto 4) se il ragazzo passerà l'esame, è molto probabile che passerà una serata all'insegna dell'alcool.


Cosa deve fare il ragazzo?


A) Non sostenere l'esame


B) Fregarsene altamente della gastralgia e prendere il FANS ugualmente, con rischio di ulcera gastrica


C) Assumere un inibitore selettivo della COX-2 per ridurre il rischio di una possibile ulcera gastrica


D) Somministrarsi morfina per lenire il dolore


E) Assumere FANS + Antagonista H2 istaminergico


F) Mandare a fanculo i prof, poi iniettarsi dell'alcool etilico e.v.


G) Non assumere nulla


H) Non assumere FANS alla mattina, ma solo alla sera perchè così non sentirà dolore durante la prima uscita serale di casa dopo 3 settimane.


I) Tutte le precedenti sono giuste


L) Nessuna delle precedenti

martedì 14 febbraio 2006

PILLOLA DI VITA N. 6

Erano circa le 23:30. Mi ero imboscato in macchina con una tipa in una bieca via sterrata di periferia, in aperta campagna; sdraiati sul sedile posteriore, eravamo come Dio ci ha fatti per scambiarci effusioni sempre più accese, più focose. Avevo da poco la mia testa tra le sue cosce per poterle dare quel piacere che le donne gradiscono molto; in quei momenti si è totalmente estraniati dal mondo, l'unico tuo pensiero è Lei in tutto e per tutto, anche se solo per una sera, anche se non era una cosa seria, anche se fosse l'ultima volta con quella. Mi trovavo sperduto tra i suoi umori, quando mi accorsi che da dietro stava arrivando una macchina. Non era la prima volta che sceglievo quel posto, erano i soliti sfigati di turno che senza una meta erravano nella notte alla ricerca di una strada che non era sicuramente quella che cercavano. Così continuai quello che stavo facendo, rassicurato dai classici vetri appannati che non avrebbero permesso sguardi indiscreti dall'esterno. La macchina lentamente si avvicinava sempre di più, sempre di più, sempre di più, e dentro di me pensavo: "Eddai passa, cazzo, vabbè che è una strada sterrata e piena di buche ma almeno i 30 all'ora falli!". Terrore. Puro terrore provai, quando la macchina pian piano si accostò alla mia e con un enorme faro tentò di penetrare la condensa sui vetri. Neanche il tempo di rendermi conto di cosa stesse succedendo che sentii bussare al vetro posteriore. Guardai meglio la scena e capii. Il lampeggiante blu. "Porcaccia la miseria, la figura di merda ora non me la toglie nessuno". Mi allungai davanti e aprii a metà il vetro anteriore (non senza fatica). Sempre completamente nudo, in posizione semi-acrobatica, riuscii a dire qualcosa che definirlo fuori luogo è il minimo: con voce squillante infatti pronunciai: "Salve!". "Mi dia un documento, prego". Sempre facendo acrobazie degne del circo di Moira Orfei, riuscii a passare la patente all'agente. Mentre esso faceva tutti i suoi controlli, non potei far altro che fissare la ragazza di fianco a me che cercava di coprirsi alla meno peggio con la mia giacca a vento. Poverina, aveva uno sguardo che valeva più di mille parole. Un minuto e l'agente tornò a bussare al vetro, porgendomi il documento. Lo presi, e senza dire una parola o fare un cenno di saluto si allontanò, salì sulla volante e andò via. Mi girai verso la tipa, che mi guardava stupita come io guardavo stupito lei. Eravamo stati interrotti in un momento di intimità ed era stato uno shock parecchio intenso per entrambi. In fondo non era successo (quasi) nulla, ma eravamo tutti e due col cuore a mille. Mi rivestii velocemente, cercando parole da pronunciarle che non fossero "non è possibile" o "non può essere vero", quando una seconda volante diversa dalla prima ci sorprese. L'agente scese dalla macchina, aprii la portiera della mia auto e mi disse: "Scenda per favore". Non sapevo più cosa pensare. Scesi lentamente (e ci mancava poco che alzassi le mani in aria), diedi il documento, cercando di spiegare che cinque minuti prima i loro colleghi erano già passati, poi mi sentii domandare:


"Chi è la donna con lei?"


E io, mentendo: "La mia ragazza"


"E' italiana?"


"Certo"


"Siamo sicuri? Mi dia un documento della ragazza"


Così, mentre lei si stava finendo di rivestire, diede il documento all'agente che lo controllò, poi, come per magia, lo sguardo truce del poliziotto si rasserenò.


Agente: "Andate via di qua ragazzi, stasera non è cosa"


Io: "Ma perchè, agente, cosa è successo?"


Agente: "Lo leggerete domani sui giornali. Arrivederci"


E se ne andarono. Salii in macchina, misi in moto, feci inversione e ripartii. A 150 metri dall'incrocio con la strada principale, potei vedere 3 o 4 volanti ferme sul ciglio della strada e una schiera di poliziotti che stava arrestando, in mezzo ai campi, due tali ceffi che al solo vederli mi misero paura.


Seppi il giorno dopo che erano dei grossi trafficanti di eroina, che avevano terminato la loro fuga in macchina, dopo un inseguimento della polizia di almeno 3 km, proprio in quella via che avevo scelto per passare una serata tranquilla insieme alla ragazza con la quale uscivo in quel periodo.

martedì 7 febbraio 2006

CATENA

The Magnificent Seven

Fate una lista di sette canzoni che al momento vi piacciono particolarmente, non importa il genere nè niente, devono solo essere canzoni che davvero vi piacciono. Postate poi il tutto assieme alle istruzioni nel vostro blog e indicate altre sette persone per scoprire che cosa ascoltano al momento.
N.B.: le canzoni non sono in nessun ordine logico. Ringrazio la Tanja per avermi dato questa opportunità.


1) La Bouche - Be my lover : in questo periodo mi è venuta voglia di dance anni '90..


2) Jem - Maybe I'm amazed : mi piace O.C., questa canzone è nell'ultima puntata della prima serie. A parte tutto, mi rilassa davvero tanto.


3) Adriano Celentano - Questo vecchio pazzo mondo : parla di un uomo idealista e troppo buono che continua a essere tale dopo che la sua donna lo tradisce con il suo migliore amico. A cantare è il suo migliore amico, che riflette su ciò che è successo. E' datata e tra l'altro è una cover, ma rispecchia tanto il mio modo d'essere.


4) Mecano - Figlio della luna : una favola. Occhi lucidi ogni volta che la ascolto, come è successo una settimana fa. E'semisconosciuta, ma è così bella che dovrebbe essere una delle canzoni più conosciute di tutti i tempi!


5) NOFX - All outta angst : la mia preferita, senz'ombra di dubbio. Immortale, si sente sempre volentieri


6) Street Rave Parade Goa Party (Bologna 2002) - Traccia 05 : se avete bisogno di carica senza dover pensare a nulla, questo pezzo è perfetto


7) Chopin - Waltz Op.18 'Grand valse brillante' : uno spettacolo, è la voglia di vivere fatta a musica



Nomino Threadgoode, Lacrimatriste, Noemi, Epiploon, Ruggiada, Anamadium e Blackholesun. A voi la parola!

sabato 4 febbraio 2006

8 - INGLESE III

Inutile parlare dell'esame di inglese, esame-farsa di cui non ricordo nulla. Dopo l'esame di anatomia I, nel mio IO si aprì una profonda voragine in cui caddi dentro inevitabilmente. Il periodo gennaio-aprile 2003 lo ricordo ancora oggi come il pezzo di puzzle più nero della mia vita. Passai un Capodanno degno del migliore film horror che abbiate mai visto: un drug-Capodanno. Io sono completamente contrario a qualsiasi droga che non siano le semplici canne occasionali tra amici, ma ci pensarono i miei amici a portare un arsenale chimico davvero imponente; per la serie: se ci beccavano gli sbirri con tutto quello che avevamo andavamo diretti in galera. Così fui costretto a vedere la scena apocalittica di persone sedute attorno a un tavolo, a lume di candela e in sottofondo DJ Ralf, che spippavano bamba e speed da un enorme specchio (poggiato sul tavolo) che qualcuno aveva staccato da un muro per imitare qualche attore di qualche film sulle droghe, la roba stesa su di esso a formare la parola "RALF", mentre intanto chilum di dimensioni gigantesche passavano da una persona all'altra; bottiglie di alcool ai bordi del tavolo, una cappa allucinante di fumo, cannoni che giravano e venivano rollati di continuo; appeso al muro completava questa scena un crocifisso che con la luce soffusa appariva enorme, dal quale il Cristo sembrava sussurrare citazioni dantesche: "Questi ormai sono persi. Non ti curar di loro, ma guarda e passa". Così fui costretto a guardare la donna dei miei sogni di cui ero fortemente innamorato, l'Alice, mentre smascellava avidamente dopo aver preso la prima pasticca della sua esistenza. Sorriso vuoto, quasi una smorfia, occhi semichiusi, testa reclinata all'indietro, discorsi campati per aria: quella non era l'Alice di cui ero follemente perso.


Passare l'esame di anatomia I non servì a niente, anzi aumentò la sfiducia in me stesso. Ero convinto di averlo passato non perchè lo meritavo, ma perchè avevo avuto un colpo di culo pazzesco; così la mia autostima toccò inevitabilmente un livello che a confronto l'oceanica fossa delle Marianne non è niente. Bisognerebbe, a questo punto, fare un excursus sulla mia intricata adolescenza, nella quale sono eradicati i motivi della mia bassa autostima. Fino a 11 anni ero un bambino così vivace che i miei vecchi facevano fatica a farmi star fermo, poi, a furia di botte (il più delle volte meritatissime, lo ammetto), riuscirono nel loro intento: fermare la mia irrequietezza. Così fino a 15 anni rimasi un bambino, forse per colpa della campana di vetro nella quale mi avevano rinchiuso i miei genitori per proteggermi da chissà quali pericoli esterni. Un giorno, però, mi svegliai. Scoprii l'adolescenza e un nuovo mondo a essa correlata. Fu ancora mio padre, purtroppo, a stroncarmi la libertà. Inventava regole assurde, imposizioni tiranniche, impedimenti innaturali. Mi ricordo a 16-17 anni, tra le tante regole, il limite di 3 uscite serali settimanali durante l'estate con coprifuoco alle 22:00, limite d'orario del sabato durante il periodo scolastico fissato alle 24 e mai più di un sabato ogni mese, a letto entro le 22:30, paga settimanale al minimo salariale (10.000 lire), niente mezzi motorizzati fino a 18 anni (poi a 17 anni, minacciando il suicidio con un cutter in mano, me lo comprarono), niente uscite settimanali prima delle ore 18:30 fino a un massimo di un'ora e tante, tante altre che ora non mi vengono in mente. Un inferno di regole che non ho mai digerito e che ancora adesso, quando mi incazzo con mio padre, rinfaccio senza remore. Facendo 2+2, appare chiaro come, vedendo i miei amici che avevano mooooolta più libertà di me, mi sia nato un enorme complesso d'inferiorità che, col senno di adesso, appare un pò ridicolo. Si sa come sono gli adolescenti: spietati con chi è diverso dal branco. Così mi facevano pesare che avevo il coprifuoco, che non avevo lo scooter come loro, che non avevo mai soldi: immaginatevi come mi potevo sentire. Sono sempre stato un ragazzo solare e sincero; avrei potuto anche raccontare balle e nascondere ai miei amici le assurde regole a cui dovevo attenermi, ma non ce la facevo. Le persone mi stimano perchè non mi vergogno a esteriorizzare i miei sentimenti e le mie paure, come sto facendo in questo post; così ero anche allora: perchè dovevo nascondere qualcosa ai miei amici? Con quelle regole anche le conoscenze femminili mi erano quasi precluse, quindi niente donne = niente prime esperienze. Si instaurò un circolo vizioso autoalimentantesi che mi portò alla falsa idea di essere un brutto ragazzo perchè non avevo mai avuto esperienze con ragazze fino ai 16 anni, così, desideroso di dare il mio primo bacio, mi imbarcai con una ragazza che ad equipararla a un bidone della spazzatura si svaluta il bidone della spazzatura. Successivamente, ci provai sempre e comunque con ragazze brutte che ovviamente ci stavano (i famosi "rutti di porco" come li chiamava la mia compagnia che non poteva far altro che prendermi in giro, e, le poche volte che non lo faceva, ci pensava la mia psiche a credere che mi sparlassero dietro), e più andavo con esse più la mia autostima diminuiva e più mi convincevo che ero brutto e più facevo fatica a impezzare le ragazze. Ancora adesso risento degli strascichi di quel problema, seppur in maniera minore, che mi limita fortemente nell'arte dell'"impezzamento" (per i non emiliani, l'attaccare bottone) che dovrebbe essere insito in ogni uomo per natura. Non che non abbia avuto anche ragazze carine, sia chiaro. Dove la mia autostima non mi faceva arrivare, ci pensava la mia testa: la cosa che, a differenza dei miei amici, valorizzavo di più. Quando parlavo con loro del mio futuro, gli raccontavo del mio sogno di diventare medico; ma loro erano pronti a screditarmi, a dire che lo studio non era importante nella vita, che negli anni in cui io sarei stato impegnato a studiare loro avrebbero già cominciato a lavorare e avrebbero accumulato più soldi di me, magari lavorando come bancari perchè i loro genitori avevano le conoscenze giuste. Erano due persone che facevano questi discorsi: una ora è in cura da uno psichiatra dopo che ha spaccato un asse di legno sulla schiena di suo zio e, da quel che so, dopo aver lavorato da varie parti tra le quali ditte di autotrasporti e commesso al Conad, ora è disoccupato; l'altro si è appena licenziato dal negozio di calzature Bata nella quale ha lavorato per 5 anni e attualmente è disoccupato, con un figlio in arrivo da una donna che, dalle notizie che mi sono giunte, sta per lasciare.


Torniamo a tempi più recenti. In quei tempi cercavo disperatamente un appiglio a cui aggrapparmi per non sprofondare ancora di più nell'autocommiserazione e nella depressione che stava cominciando a dare i primi segni di sè. Così, a furia di cercare una persona che mi salvasse, conobbi l'Agnese. Era una ragazza di CL (Comunione e Liberazione, un'associazione così cattolica da sembrare dall'esterno quasi una setta) che faceva la rappresentante degli studenti per il sindacato "Student Office"; grazie a questo suo impegno politico, questa ragazza del quinto anno di medicina era molto conosciuta nell'ambiente universitario. La conobbi, come succede tante volte nella vita, per una pura coincidenza; un giorno, mentre studiavo in biblioteca, incontrai un mio vecchio conmpagno di classe delle medie che mi invitò a una conferenza organizzata dai ragazzi di CL. Io, ancora ignaro del significato della sigla "CL", accettai, non senza diffidenza, di partecipare a quell'evento, durante il quale l'Agnese fece un intervento che mi colpì profondamente: parlò di valori e del senso della vita, di autostima e fiducia in se stessi, degli obiettivi che ci permettono di alzarci dal letto tutti i giorni essendo speranzosi per la nuova giornata che ci troviamo davanti. Così, a fine conferenza, mi complimentai personalmente con l'Agnese per le belle parole che aveva detto in quel tardo pomeriggio d'inverno. Lei rimase sorpresa dai miei complimenti, poi mi invitò a partecipare alle consuete riunioni settimanali che CL organizzava per i suoi adepti. In questo modo entrai in quella strana associazione nella quale tutti erano amici, tutti avevano quei valori che io tanto avevo cercato invano nella mia vecchia compagnia, tutti si impegnavano a livello sindacale per aiutare gli studenti in difficoltà. Non potevo immaginare che dieci mesi dopo mi avrebbero tradito nel momento in cui avrei avuto più bisogno di loro.

giovedì 2 febbraio 2006

PURA PAZZIA

Farmaco II, mi stai facendo andare nei matti completamente. Ma sono più forte io di te. Ti aprirò tutta, e quando ti avrò sventrato completamente ti riaprirò per darti una bella ripassatina. In questi due giorni hai destabilizzato il mio umore, rendendomi completamente pazzo. Acufeni, allucinazioni visive e/o sonore, disforia, tachicardia e poliuria dovuti ai 6 caffè quotidiani, senso di oppressione al torace per le 20 sigarette che mi stai facendo fumare ogni giorno al posto che le mie 4 paglie al dì, visioni notturne della schermata verde del solitario Spider a cui gioco nelle rare pause, barba lunga, capelli unti, occhiaie interminabili, fughe in piena notte in scooter per la città deserta per sconfiggere la depressione, 120 gr. di cioccolata al giorno per ovviare alla carenza di affetto, canzoni tristi nei momenti tristi e dance anni '90 per darmi carica (La Bouche - Tonight is the night). Domani sarà il giorno in cui comincerà la tirata finale da 12 ore al giorno per 5 giorni. Almeno non sono arrivato ai livelli di farmaco I: lì la carica me la dava Ultimate Warrior nel match contro Hulk Hogan del marzo 1990 a Wrestlemania VI. Ero convinto che Warrior mi riuscisse a dare energia per affrontare l'esame, non dovevo mollare, Warrior lottò fino alla fine in quell'incontro storico. Lo metterò nei ringraziamenti di laurea, giuro.

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