venerdì 1 giugno 2012

SUL TERREMOTO IN EMILIA

Il terzo giorno dopo il terremoto del 29 maggio, dopo aver portato mezzi di sostentamento ai parenti per affrontare l'imminente notte e per fargli evitare un'ennesima dormita in auto, sono andato a far visita ai luoghi vicini all'epicentro.
Fino ad allora non avevo mai sentito così tanto le mie radici emiliane, essendo un mezzosangue pugliese da parte di padre. Vedere con i miei occhi ciò che la natura ha causato alla mia terra è stato aprire una ferita dentro.
Fossoli, Novi, Sant'Antonio in Mercadello, Cavezzo: le case rurali di una volta, proprio quelle che incuriosivano la mia visione al passaggio nei tanti giri in scooter che ho fatto fuori città negli anni precedenti, erano per la maggior parte crollate, sfondate, sventrate; quelle poche salvatesi avevano il tetto che aveva la forma ondosa, innaturale, come se aspettassero solo un ulteriore scossone per venire giù.
E poi Rovereto. Ricordi estivi della sagra di paese con scoppiettanti fuochi d'artificio, un fiume di gente lungo la via del corso guarda in alto un cielo stellato, spensierata, godendosi il fresco notturno di una giornata di fine agosto.
Deserto. Cielo coperto, afa insopportabile. Nessuna anima viva all'interno della zona rossa. La banderelle bianche e rosse vengono mosse da un lieve fremito di vento. E' un attimo scavalcarle. A destra e sinistra c'è solo desolazione: crepe trasversali e a zig zag decorrono sui muri. E' possibile vedere dentro le ferite delle abitazioni, dalla quale esce una luce solare fioca. I balconi presentano porte-finestre lasciate aperte, ma quello che più colpisce sono gli stenditoi ancora pieni di vestiti che non saranno mai più indossati. A sinistra scorgo la chiesa sventrata dove Don Ivan se ne è andato. Realizzo in pochi secondi che nessuna di quelle case si è salvata, stanno tutte aspettando il colpo di grazia che le faccia crollare. Un attimo dopo si sente un boato, i vetri delle finestre sbattono fragorosamente e la terra trema ancora. Io e mia moglie ci stringiamo in un abbraccio strabordante di paura: ci troviamo nel cuore di una città che sta morendo. Corriamo via, pieni di dolore e impotenza: abbiamo conosciuto davvero cos'è il terremoto.
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