venerdì 13 aprile 2007

9 - ANATOMIA UMANA II (2° e ultima parte)

Ero arrivato alla resa dei conti. Non si poteva più sbagliare, nessun errore poteva essere ammesso. O passavo l'esame o perdevo l'anno, e con esso la poca autostima rimasta e i sogni di una vita. Mi ero ripromesso che se non ce l'avessi fatta avrei mollato medicina, per andare a fare il carabiniere; così fantasticavo su come sarebbe stato portare la divisa, avere la pistola o quel superpennacchione rosso durante gli avvenimenti importanti, che tanto mi piaceva guardare al Tg1 quand'ero piccolo. Una sconfitta personale di dimensioni così enormi non sarebbe stata digeribile, neanche da uno come me che era sempre rimasto in piedi nonostante tutti i pugni che i vari boxeur di turno durante la mia vita mi avevano tirato per farmi soccombere.


Era maggio, quell'anno c'era un caldo mai visto. Io e la Silvia ci trovammo a metà mese per stilare un programma di studio. Il 3 giugno 2003 era la data che avrebbe segnato il nostro destino: eravamo messi nella stessa identica maniera, stessi esami fatti, quasi gli stessi voti, stessa situazione di merda. Ci rimboccammo le maniche e partimmo a studiare il primo argomento: le cavità orbitarie, con tutte quelle pareti del cavolo. Il giorno dopo si aggiunse a noi Ricky, un nostro compagno di studi.


Di quel periodo ricordo di quando andavo a studiare a casa della Silvia (studentessa fuori sede) e mi perdevo a fissare la miriade di calendari erotici del suo coinquilino attaccati al muro; di quando ripetevamo nel giardino interno degli istituti anatomici  con un cranio in mano o con un femore usato a mo' di bastone quando qualcuno di noi diceva una fesseria; della finale di Manchester persa dalla Juve per la quale Ricky ci abbandonò per tre giorni perchè andò in Inghilterra a vederla; delle liti furibonde che facevamo quando ognuno sosteneva la propria tesi (a che livello nasceva l'arco aortico? T2 o T4?) e di Ricky che, nel bel mezzo delle urla, col suo cellulare di nuova generazione faceva partire la sigla di E.R per sdrammatizzare; ricordo inoltre il primo giorno di ripasso generale, quando non ricordavo niente della cavità orbitaria e nasale e andai in crisi fino ad avere quasi le lacrime agli occhi; di quando il bidello degli istituti anatomici, che era diventato nostro amico, ci venne ad aprire clandestinamente solo per noi gli interi istituti anatomici il giorno prima dell'esame durante un festivo (festa della repubblica). Solo di una cosa, quel giorno stesso, avevo il terrore: l'utero e i suoi incannatissimi 4 legamenti. Ora voi mi direte: "Cacchio, un figlio di un ginecologo che non sa l'utero è un fallito!", purtroppo però non riusciva a entrarmi in testa neanche se me la picchiavo di continuo con il femore.


3 giugno. Mi siedo, davanti a me la prof che, in silenzio, guarda il mio libretto e scrive qualcosa sa un pezzo di carta bianca. Nella mia mente in preda al terrore, solo un'immagine: un utero gigantesco con il pallido colore rosa delle tavole del Netter, dai quali partivano enormi legamenti multicolore tra i quali spiccavano quelli con il nome più tenebroso che avessi mai sentito nella mia breve vita da studente di medicina: i terribili LEGAMENTI CARDINALI DEL MACKENRODT. Quando pensavo a essi mi veniva in mente una bussola (dove ci sono i segni cardinali) e un piatto sospeso in aria di maccheroni al pomodoro, secchi, freddi e disgustosi, e ogni volta che ripassavamo l'utero, allo scandire quell'orrendo nome, un brivido di paura mi percorreva la schiena.


"Mi parli... (ci pensa su), mi parli... mi parli dell'utero!". Non ci potevo credere. La leggenda che avevo sentito qualche tempo prima da uno studente più anziano di me era vera. Io lo avevo addirittura deriso per la sua teoria, e invece scoprii che era valida. Così mi vennero in mente le sue parole profetiche: "Quando ti presenti a un orale non sapendo un argomento e, prima che il prof cominci a interrogarti, speri in cuor tuo che la domanda non sia proprio su quell'unica cosa che non sai, hai un'altissima probabilità che invece ti chieda proprio quella cosa".


("No, non ci credo, non ci posso credere, ora come faccio"). Iin fondo, cazzo, mi erano venuti i bernoccoli in testa a furia di femorate per studiare quell'organo! Così partii. Memore dell'esempio che la prof fece a lezione, cominciai così: "L'utero è un organo cavo a forma di pera Williams rovesciata". Sgranò gli occhi e un sorriso nacque sul suo viso.


"Non va bene?" le chiesi io.


"No no va bene, è solo che mai nessuno mi aveva detto una cosa del genere all'esame"


"Eh prof, ma sa, è meglio specificare, perchè esistono tanti tipi di pera che hanno forma diversa dalla Williams"


E lei, ridendo: "Eh beh ha ragione, continui pure".


Le dissi bene le generalità sull'utero, feci un po' di casino sui legamenti, ma riuscii a passare macroanatomia. Dopo mezz'ora mi interrogò la prof. di microanatomia che mi chiese l'ipofisi e gli ormoni ipofisari, me la cavai discretamente.


21. Quel voto significava che avrei continuato a vedere i pennacchi dei carabinieri in televisione, ma soprattutto che in quella afosa, fottutissima estate di 4 anni fa mi sarei dovuto fare un culo così per passare l'altro bestione che mi aspettava dietro l'angolo: fisiologia II.

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